La svolta, racconta, quando ha compiuto 50 anni e ha deciso che era il momento di tornare a casa, dopo una vita da imprenditrice in giro per l’Italia e per il mondo. L’occasione è stata la candidatura alle elezioni europee con i Cinquestelle nel 2019, primo suo contatto con il mondo della politica che da quel momento in poi le ha spalancato le porte. Sottosegretaria e viceministra nei governi Conte e Draghi, deputata, Alessandra Todde è la candidata presidente in Sardegna di Pd e 5 stelle, con altri partiti e movimenti, alle elezioni regionali del 25 febbraio. Una candidatura da qualcuno contestata nel metodo perché considerata una scelta dei vertici romani dem e grillini, non senza conseguenze: Todde infatti sfiderà non solo l’avversario del centrodestra, ancora ignoto, ma sfiderà soprattutto Renato Soru, tornato in campo quando la sua richiesta di scegliere il candidato del centrosinistra con le primarie non è stata accolta. Dice che il Movimento 5 stelle del 2018 non esiste più, così come non esiste più l’influenza di Beppe Grillo nelle scelte politiche, e assicura che, anche in caso di sconfitta, resterà in Sardegna per aiutarla a rinascere.
Alessandra Todde, chiariamolo una volta per tutte: come, e quando, è stata scelta?
C’è stato un momento di confronto all’interno del Movimento, poi uno condiviso con la coalizione. Ci siamo dovuti porre il problema interno di portare una nostra candidatura al tavolo: un tema che è stato affrontato ovviamente con i regionali, abbiamo fatto un’assemblea prima di settembre per capire se ci potesse essere spazio per la mia candidatura. C’è stata una discussione interna abbastanza complessa, poi l’indicazione del mio nome nel partito in un clima di grande compattezza.
E l’alleanza col centrosinistra?
I primi incontri sono stati fatti addirittura nel 2022. Noi abbiamo una legge elettorale che parla da sola e senza un percorso, e senza un’alternativa vera e reale anche nei numeri, è difficile poi fare rappresentanza. Abbiamo provato la corsa solitaria nel 2019 e i risultati sono ovviamente di essere stati condannati all’opposizione inevitabilmente con risultati poco incisivi. E visto che nel 2022 abbiamo votato uno statuto che ci diceva chiaramente che il nostro campo è un campo progressista e di sinistra, ci siamo mossi in quella direzione.
Alleanza naturale con il centrosinistra ma dopo aver governato a lungo col centrodestra nel Conte 1.
Il mondo del 2018 nel Movimento non esiste più. Abbiamo subìto una scissione anche molto importante e quindi il contesto che aveva maturato la possibilità di governo con la Lega è ormai distante anni luce. Il Conte 2 è il governo che aveva segnato l’inizio di un percorso di alleanza con il Pd e il centrosinistra e ci ha fatto capire che era possibile lavorare insieme e portare a casa buoni risultati.
Per quanto riguarda Sassari, chi ha deciso di procedere nonostante le nostre sollecitazioni, si è messo fuori dalle regole e fuori dal movimento.
Torniamo alla sua candidatura. Il suo nome quando è stato proposto e con quali modalità?
Dopo aver verificato che ci fosse un accordo programmatico, stati fatti diversi passaggi. Il primo per capire che strumenti utilizzare, il Pd ha come suo metodo le primarie, noi le consultazioni online, due strumenti diversi perché uno aperto a tutti, l’altro solo agli iscritti, e già questo creava difficoltà. È stata fatta una discussione seria e alla fine si è deciso di percorrere una strada politicamente condivisa, con i partiti che tutti insieme hanno indicato un nome dopo aver stabilito criteri e caratteristiche del candidato.
Al tavolo, che poi ha registrato proteste e defezioni, sono stati valutati altri nomi oltre al suo?
Io non ero presente a quelle riunioni ma sono stata informata da chi c’era. Ci sono state discussioni, per esempio, sul nome di Milia, Liberu ha portato il nome di Soru con la difficoltà dovuta al fatto che era un nome all’interno del Partito Democratico. Alla fine è stato preferito un nome che, per quanto riguarda la coalizione, potesse essere considerato più unitario.
Quindi il Pd per risolvere i suoi problemi interni ha preferito convergere su un nome esterno?
C’è stata un’assemblea del Pd in cui solo quattro hanno votato in maniera contraria, quindi io credo sia stata una scelta convinta.
Perché tanti problemi a dire che c’è stata una indicazione romana?
Per partiti nazionali come 5 Stelle e PD credo sia naturale confrontarsi su un percorso, considerando anche l’appuntamento con le europee. Ma imposizioni sul nome sarebbero state impossibili in Sardegna, anche rispetto alle altre forze politiche fortemente locali coinvolte nella coalizione. Non avrebbe retto.
E perché invece per sgombrare il campo da ogni dubbio lei non ha fatto un passo in avanti e accettato le primarie?
Io sono stata chiamata a rappresentare una coalizione, quindi non sono io che decido. E quella coalizione ha escluso le primarie.
Ha rifiutato anche il confronto pubblico con Soru.
Ho sempre detto che per me lui non era un avversario politico.
Beh, adesso lo è eccome.
Io sono una negoziatrice, l’ho fatto per tutta la mia vita e quindi ci credo fino all’ultimo secondo utile di poter ricomporre le cose.
Quindi non ha ancora perso le speranze?
Tutti quanti noi siamo impegnati in diplomazie e aperture, è importante visto anche il momento storico che stiamo vivendo ed è importante per rispetto nei confronti dei cittadini. Dobbiamo lavorare tutti per avere la coalizione più competitiva possibile, aperta e inclusiva. Penso ai Progressisti, per esempio, veramente mi auguro di averli in squadra, insieme abbiamo fatto una bellissima opposizione a questa giunta. Ho sempre detto in maniera molto chiara che Massimo Zedda lo considero un vero politico e lo stimo veramente e per il lavoro che ha fatto.
A Soru vuole dire qualcosa?
Io vorrei che tutte le competenze e le capacità che Renato ha dimostrato sia durante la sua presidenza che durante il suo percorso politico e professionale fossero messe a disposizione di un progetto veramente competitivo come è il nostro. Quindi mi auguro che ci si possa sedere e che si possa trovare una sintesi. A volte è importante anche capire che ci sono momenti di cambiamento, che quello che si è rappresentato in passato non è più quello che si rappresenta oggi, sono passati quasi vent’anni rispetto a quando lui è diventato per la prima volta presidente della Regione. Quindi credo che a volte sposare il cambiamento e le novità possa essere un buon segnale.
Si è sentita particolarmente attaccata perché donna?
Diciamo che alcuni passaggi li avrei evitati, per esempio sentirmi dire che facevo capricci: ecco, credo che fare i capricci sia un termine che non si userebbe mai con un uomo che si rispetta e che comunque può essere o meno un avversario politico. Però devo dire che atteggiamenti sessisti non ne ho visti, più che altro molto paternalismo.
Si sente in colpa con le donne del Pd che aspiravano alla candidatura dopo lunghe militanze politiche?
Con le donne del Pd ho un ottimo rapporto e mi stanno sostenendo. Poi ci sono alcune persone che sono state e sono dirigenti del partito che sicuramente potevano avere legittime aspettative. Capisco la delusione, la capisco dal punto di vista umano, però i percorsi politici sono un’altra cosa e il mio nome è maturato anche rispetto ai risultati delle politiche in Sardegna. Alla fine, quello che è bello è che sta emergendo una vera sorellanza, perché noi donne abbiamo un punto di vista da proporre diverso, ed è una ricchezza. C’è voglia di cambiamento, e credo che anche i rapporti con Camilla Soru rientrino in questo, nell’entusiasmo di voler cambiare le cose e di poter diventare rappresentative.
Secondo lei, gli elettori apprezzano la metamorfosi dei 5 Stelle? Gli ex sono feroci con chi è rimasto
La apprezzano al punto che alle politiche siamo stati incoronati come primo partito di opposizione, perché abbiamo portato avanti la nostra offerta politica con linearità pur con tutti i cambiamenti che ci sono stati. Per quanto riguarda gli ex, credo rientri nella dinamica dell’abbandono. Quando le persone maturano la scelta di dover abbandonare una forza politica lo fanno con sofferenza. Dopo la frustrazione, serve tempo per elaborare il lutto.
Reddito di cittadinanza e superbonus: quanto mea culpa devono fare i 5 stelle?
Credo che quando si fanno delle proposte coraggiose chiaramente non sono proposte perfette ma comunque perfettibili. Io penso che sia stato per esempio un bene aver avuto il reddito di cittadinanza durante la pandemia, la povertà soprattutto in Sardegna è aumentata moltissimo. E’ una misura che va meglio calibrata rispetto alle politiche attive per il lavoro ma è sicuramente da riproporre per aiutare le persone più fragili. I numeri delle truffe sono ridotti rispetto al grosso impatto sociale che invece ha avuto la misura.
I 5 stelle sono un partito populista?
Il Movimento ha iniziato il suo percorso politico incanalando il dissenso e quindi sicuramente c’erano degli aspetti populisti. Ma in questo momento il è una forza democratica e progressista, e credo che si possa riconoscere anche nelle modalità di confronto.
E di Beppe Grillo che dice? A lui questa metamorfosi non sembra piacere.
Lui sicuramente ha iniziato con un percorso molto più centrale, in questo momento è defilato rispetto a quella che è la storia politica del Movimento. È stato un padre fondatore, senz’altro ha dato un contributo importante rispetto alla storia del Movimento, però adesso in questo momento non è attivo rispetto alle scelte politiche. La linea politica viene portata avanti dal nostro leader politico Giuseppe Conte.
Sta dicendo che Beppe Grillo è fuori dalle vostre dinamiche?
Si. Lui dà voce alle varie istanze con il suo blog e con i suoi strumenti. Per la linea politica, abbiamo una direzione che ne discute in consiglio nazionale. Rispetto al passato abbiamo costruito organi e modalità di confronto.
Giuseppe Conte che leader politico è?
Un leader politico forte che ha dimostrato anche durante i suoi governi di tenere la barra dritta, gestendo il Paese in un contesto complicato come la pandemia e portandolo oltre. Io rimango sorpresa anche dal suo grado di popolarità e dall’affetto di cui i cittadini ancora lo circondano. Io credo che sia stato un leader politico vicino alle persone in un momento in cui ce n’era bisogno.
Scorie nucleari: ha cambiato idea rispetto a quando era al governo?
Anche quando ero al governo ho detto che per me era profondamente sbagliato anche solo inserire la Sardegna all’interno della mappa dei siti idonei, perché è già stata isola di sacrificio ambientale. Abbiamo i poligoni militari, abbiamo le servitù e di sicuro non siamo la pattumiera d’Italia, questa cosa va detta in maniera molto chiara, c’è stato anche un referendum regionale, quindi bisognerebbe tener conto una volta tanto di quelle che sono le richieste dei sardi. Per non parlare del trasporto vbia mare delle scorie nucleari, che sarebbe pericolosissimo.
Cosa farà nei primi 100 giorni al governo regionale?
Intanto, bisogna mettersi nelle condizioni di avere una macchina regionale funzionante, migliorando gli assessorati che ora sono dei silos che funzionano anche in modo antico. Poi la cosa più urgente è la sanità territoriale. Io ho detto subito che proprio per l’urgenza di dover affrontare questo tema non voglio imbarcarmi in nessuna riforma: bisogna far funzionare le cose con le regole che abbiamo, rafforzare i distretti e le case di comunità, organizzare reti di presa in carico territoriale e riorganizzare la sanità ospedaliera, io sono contrarissima al chiudere gli ospedali periferici perché sono presìdi territoriali e fanno la differenza a volte tra vivere e morire. Poi c’è un tema importantissimo legato ai trasporti, io credo che il diritto alla mobilità sia diritto al lavoro, alla salute, all’istruzione. Poi bisogna fare un piano chiaro rispetto anche alla mobilità interna, quindi le infrastrutture che servono per far muovere i sardi fra i 377 comuni dell’isola: è molto importante dare alle persone la sensazione che ovunque siano non sono isolate. Infine, un’agenzia per l’energia e regole chiare sulle rinnovabili per fermare l’assalto, valutando cosa serve davvero ai cittadini e alle imprese.
La Sardegna è peggiorata nei 5 anni di gestione Solinas-Lega?
Basta guardarsi intorno e parlare con qualunque sardo. La Regione è stata assente su tutti i tavoli importanti, non ha saputo programmare né spendere e ha fatto virare la sanità sempre più verso il privato.
Il suo slogan è “Il momento del Noi”. Ma invece chi è Alessandra Todde?
Una professionista che ha deciso di fare politica perché ha un amore profondo per la sua terra.
Dica una cosa di sinistra ai suoi elettori.
Cito Gramsci. Un uomo che mi ha sempre affascinato, che ha interpretato le lotte operaie e lasciato messaggi importanti. “Istruitevi perché abbiamo bisogno di tutta la vostra intelligenza”: è importante che l’elettorato maturi la consapevolezza e la conoscenza vera di quelli che sono i problemi su cui lavorare rendendo l’accesso alla conoscenza democratico. Questo credo sia un tema profondamente di sinistra.
Si ritirerebbe se, un certo punto, le cose non andassero come si aspettava?
Ho preso un impegno con le forze politiche e lo porterò fino in fondo. Ho anche detto che farò il consigliere regionale in caso le cose non andassero bene: questo per me è un progetto politico e di vita a lungo termine, da costruire negli anni, non un’avventura elettorale.
Quindi non tornerà a Roma in nessun caso?
No.
Todde, chi vincerà il 25 febbraio?
Io sono assolutamente ottimista. Sento entusiasmo e voglia di partecipare. Questa è una spinta forte che ci sta regalando un’incredibile energia.