Una condotta caratterizzata da “particolare brutalità” da parte dei condannati e la vittima ritenuta “pienamente attendibile”: è quanto emerge dalle motivazioni della sentenza depositate nelle scorse ore in cancelleria dai giudici del tribunale di Tempio Pausania, nel sassarese, con cui lo scorso 22 settembre Ciro Grillo, Edoardo Capitta, Vittorio Lauria e Francesco Corsiglia sono stati condannati fra gli otto e i sei anni e mezzo per violenza sessuale di gruppo.
Nelle 72 pagine del provvedimento, il collegio presieduto da Marco Contu ricostruisce i fatti avvenuti nel luglio del 2019 in Costa Smeralda, all’interno della villa di proprietà del comico Beppe Grillo, fondatore del movimento 5 stelle. Secondo la ricostruzione dei giudici, dopo aver conosciuto una studentessa italo-norvegese di 19 anni e una sua amica diciottenne, i quattro giovani le avrebbero invitate nella struttura, dove si sarebbe poi consumata la violenza nei confronti di una delle due ragazze.
Il tribunale esclude in modo netto qualsiasi ipotesi di consenso, sottolineando come i rapporti si siano svolti in un contesto di costrizione e di impossibilità di reazione da parte della giovane, aggravato da una condizione di fragilità. I giudici, infatti, escludono “senz’altro un’ipotesi di consenso da parte della stessa, dato che si sono consumati in un contesto di costrizioni ed impossibilità di reagire da parte della ragazza che denotano la particolare brutalità del gruppo, coeso fin da principio, e che ha agito in un contesto predatorio e prevaricatorio non tenendo in considerazione alcuna lo stato di fragilità in cui versava la ragazza”.
Le eventuali discrepanze nel racconto della vittima, evidenziano poi i giudici, sono da considerarsi fisiologiche e legate al tempo trascorso e alla difficoltà di rievocare ogni dettaglio, senza intaccarne la credibilità complessiva. “Ha, fin da principio, reso un racconto immutato nel suo nucleo essenziale mentre, le asserite contraddittorietà evidenziate dalla difesa degli imputati, altro non devono ritenersi se non fisiologiche e dovute alla difficoltà della stessa di ricordare infiniti dettagli di una vicenda peraltro risalente a qualche anno prima rispetto alla sua escussione in dibattimento”, scrivono i giudici.
Per il collegio, dunque, l’azione del gruppo si sarebbe inserita in una dinamica “predatoria e prevaricatrice”, portata avanti in modo coeso sin dalle prime fasi, con modalità tali da confermare la gravità delle condotte contestate.












