Il Governo li ha paragonati alle farmacie. Le tabaccherie vendono prodotti col monopolio dello Stato, in primis sigari e sigarette, ma offrono anche la possibilità di pagare bollette o di fare scommesse. Eppure, nel primo giorno dopo l’ulteriore stretta del decreto Coronavirus, quelle di Cagliari sono semideserte. Forse, già nei minuti successivi all’annuncio di Conte sulle nuove restrizioni, tanti cagliaritani potrebbero essersi recati ai distributori automatici. Il dato che emerge dalla viva voce di più di un tabaccaio è simile, a tratti, a quelli “catastrofici” che hanno portato i negozianti di abbigliamento, calzature e gioielli ad andare in ferie forzate. Con la nuova stretta legata agli spostamenti, gran parte dei pacchetti di sigarette sono rimasti, almeno nella prima parte della giornata, invenduti.
“Abbiamo saputo che dovevamo aprire all’ultimo momento, ho un po’ di timore, sono a contatto con le persone e non si sa mai cosa possano avere”, spiega Roberto De Luca, tabaccaio di piazza San Benedetto. Guanti e mascherina d’ordinanza indossati, afferma che “preferisco aprire perchè ci sono spese, qui entrano a due a due e non tutti hanno le mascherine”. E gli affari? “Conte ha detto di aver stanziato 25 miliardi, a noi come ci sovvenzioneranno? Venire qui o stare a casa, alla fine, è uguale”. Alberto Loi, tabaccaio da oltre mezzo secolo in viale Ciusa, è molto più critico: “Pochi clienti, sono diminuiti, due anziani sono venuti a giocare qualche schedina, avevano le protezioni. La situazione è triste, rimango aperto sino all’ora di pranzo, poi ritornerò. A me stare sul letto senza far nulla non mi va, ma farò un orario corto”, afferma, “ci sono anche meno giocatori. Ho paura per il Coronavirus non è una malattia che c’era anche prima”.












