Una città bloccata dal dolore. Oristano, in realtà, è paralizzata dallo scorso sabato pomeriggio, quando in una casa della bordata di Silì è entrato, sperando di trovare la figlia ancora viva, Piero Carta. Purtroppo, ha solo potuto osservare, inerme, il corpicino in un lago di sangue. Istanti terribili che diventano ore e giorni. Sino ad arrivare a oggi, con il funerale della 13enne ammazzata dalla madre, Monica Vinci. Più di 30 coltellate, un cavetto per tenerla ferma mentre, assurdamente e follemente, chi le aveva dato la vita gliela stava togliendo. La chiesa di San Pietro Apostolo era piena come mai prima d’ora per l’addio alla tredicenne. Dal pulpito, l’arcivescovo di Oristano Roberto Carboni ha ripetuto una domanda alla quale nessuno sa trovare una risposta: “Perchè questa morte atroce?”, chiedendo poi di pregare per lei, per il padre e anche per la madre, “che ha distrutto la vita che aveva dato alla sua creatura, forse per tanta confusione del cuore”. Tutti distrutti e affranti, inclusi i compagnetti di classe e le maestre che, come riportato dall’Ansa, hanno letto una lunga lettera dedicata a quella ragazza dolce, sempre attenta e generosa: “Non ti vedremo crescere ma continuerai a splendere nei nostri ricordi. Veglia sul tuo papà, non lasciarlo mai solo”.
Poi l’ultimo viaggio di quella bara bianca con dentro una tredicenne che aveva già sogni e progetti simili a molti altri adolescenti: “Aveva detto che voleva fare la parrucchiera”, così uno zio, alla nostra redazione, a poche ore dal drammatico gesto compiuto da Monica Vinci. Rose, fiori, palloncini, preghiere: l’affetto e il cordoglio di una comunità che non riesce a darsi pace al pari dei parenti di Chiara, papà Piero in testa. Una vita spezzata troppo presto in modo barbaro. E i “perchè”, alla fine, restano davvero tanti. E una risposta, forse, non arriverà mai.












