In 4 mesi il governo Meloni ha completamente smantellato il sistema 5 Stelle: il reddito di cittadinanza prima, ridotto a 7 mesi nel 2023 e garantito solo a chi è materialmente impossibilitato a lavorare dal 2024, e il superbonus edilizio al 110%. Entrambi provvedimenti molto nazional popolari fino a essere populisti, non a caso argomenti di punta della campagna elettorale: ma già nel precedente governo – sembra una vita fa ma parliamo di una manciata di settimane – il governo in cui i grillini erano presenti con ruoli di primissimo piano almeno fino alla scissione voluta da Luigi Di Maio, ebbene quel governo guidato da Draghi aveva espresso forti dubbi non solo sul reddito di cittadinanza, per le sacche di illegalità che aveva alimentato come dimostrato dai ripetuti blitz e dalla totale mancanza di controlli, ma anche sul bonus edilizio al 110%, evocato proprio nell’ultimo discorso in parlamento di Draghi come uno degli elementi più negativi in termini di legalità e ricadute economiche. “Chi ha disegnato il superbonus è il colpevole, ora bisogna riparare al malfatto e salvare le imprese”, aveva detto l’ex premier.
Naturalmente furibondo Giuseppe Conte, già provato da un risultato elettorale deludente alle regionali in Lazio e Lombardia dopo l’exploit alle politiche nelle regioni che di assistenzialismo vivono da sempre. “Viene dato un colpo letale all’edilizia, si gioca sulla pelle di lavoratori e famiglie e si prendono in giro gli italiani, considerando le promesse elettorali del centrodestra”, dice il leader grillino, parlando di un “tradimento a orologeria, confezionato non a caso un minuto dopo le elezioni regionali”. E annuncia battaglia, coinvolgimento delle piazze e proteste. “Con questa operazione si manda il Paese allo sbaraglio, senza nemmeno uno straccio di alternativa”.












