“Prima il diabete, poi la dolorosissima fibromialgia: passo la mia vita in pigiama a Monastir”

Pulizie nelle case e, la sera, in giro con le amiche. La vita normale di Rita Melis viene stravolta tredici anni fa: “Dolori atroci, prendo una misera pensione di invalidità di 280 euro perchè sono ipovedente, le malattie mi stanno rovinando”


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Le mattine le pulizie in varie abitazioni di Monastir e dintorni, le sere trascorse o con le amiche in giro o con la sua famiglia a casa. Istantanee di una vita “standard”, quella di Rita Melis,  59enne di Monastir che, però, sono state totalmente “bruciate” dalla fibromialgia. I dolori atroci arrivano tredici anni fa: “Non mi sentivo più i piedi, era come se camminassi sopra un materasso”. E, a proposito di materassi, la donna utilizza una frase sin troppo chiara per descrivere com’è, dal 2006 a oggi, la sua esistenza: “Vivo indossando quasi sempre il pigiama”. Cioè, quasi tutte le sue giornate le trascorre a girarsi e rigirarsi su un letto. E la fibromialgia non è l’unica sua “disperazione”, anzi. L’elenco è lungo: “Sono diabetica, ho l’artrite reumatoide e un’ernia del disco. Prima uscivo ed ero spensierata, ora non ce la faccio più. Non riesco nemmeno ad alzarmi e aprire le finestre”, figurarsi “pulire casa. Per fortuna sono sposata, sennò non voglio nemmeno immaginarmi come l’avrei finita”, racconta, con molta tristezza, la Melis. “Ho lavorato sin dall’età di dodici anni, aiutando mio padre nell’orto”, afferma, con una punta di orgoglio, la cinquantanovenne.

 

Poi, tra altre malattie e fibromialgia, tutta la sua vita è andata a ramengo: “Per lo Stato sono invalida all’ottantacinque per cento, anche perchè sono ipovedente. Prendo 280 euro al mese di pensione, sono costretta ad indossare sempre degli speciali occhiali da sole graduati, sennò la luce mi ammazzerebbe gli occhi. Non ho più voglia di fare niente, anche la mia mente si è ‘addormentata’”, racconta. E anche Rita Melis, da malata di fibromialgia, aggiunge la sua voce al coro, molto “vasto”, di tutti quei sardi e sarde che si trovano a dover fare i conti con un riconoscimento della patologia che, ancora oggi, è solo sulla carta: “Io lo grido con tutta la poca forza che mi è rimasta in corpo, voglio la pensione di invalidità”.