Né stalking, né molestie. E’ questo quanto ha stabilito la Suprema corte nella sentenza n. 22152/2015, pronunciandosi sulla vicenda di un padre che aveva tempestato di sms e e-mail l’ex compagna al solo fine di vedere il figlio minore nato dalla relazione sentimentale ormai conclusa, prima che il tribunale ne regolamentasse il diritto di visita. Infatti, il padre che tempesta di telefonate e mail l’ex moglie, se lo fa solo per poter vedere il figlio nato dalla relazione ormai finita, non compie alcun reato. La prima sezione penale ha escluso non solo l’ipotesi di reato di cui all’art. 612-bis ma anche quella di cui all’art. 660 c.p., alla quale il Tribunale di Milano, con rito abbreviato, aveva ricondotto il fatto originariamente contestato condannando l’uomo all’ammenda di 300 euro. Per la Suprema Corte, infatti, mancano sia la connotazione della “petulanza” nel comportamento del soggetto, ovvero quel modo di agire “pressante, insistente, indiscreto e impertinente che finisce per il modo stesso in cui si manifesta, per interferire sgradevolmente nella sfera della quiete e della libertà della persona”, che il presupposto del “biasimevole motivo” che la norma aggiunge alla petulanza come motivazione da considerare “riprovevole per se stessa o in relazione alla persona molestata”. In sostanza, la condotta dell’imputato manca dell’elemento soggettivo, in quanto lo stesso voleva soltanto avere notizie del figlio minore, allo scopo di poterlo incontrare, esercitando in tal modo i propri diritti di genitore e non era certo finalizzata a creare disagi o molestie all’ex convivente. Valutazione cui la corte giunge, contro le conclusioni del sostituto procuratore generale, anche grazie alla circostanza che i fatti contestati si erano verificati prima che il tribunale dei minorenni intervenisse per regolamentare i rapporti tra i due ex conviventi, funzionali all’educazione del figlio minore. E sono proprio gli stessi elementi probatori prodotti dalla ex compagna a salvare l’imputato, in quanto i riscontri telefonici e telematici (sms e mail) dimostravano come la donna assumesse atteggiamenti ostruzionistici rendendo più difficili i rapporti tra il padre e il figlio, già difficoltosi per i problemi logistici del primo. In conclusione, senza elemento soggettivo non c’è reato e la sentenza è annullata senza rinvio.
(Fonte: www.StudioCataldi.it)













