Emergono dettagli sempre più inquietanti circa l’omicidio del 35enne Alessandro Venier, ucciso e fatto a pezzi dalla madre Lorena, infermiera, e dalla compagna Mailyn Castro Monsalvo a Gemona, in provincia di Udine.
La 30enne colombiana, davanti al gip Mariarosa Persico si è avvalsa della facoltà di non rispondere e ottenuto la custodia attenuata per detenute madri di figli di età inferiore a un anno.
Entrambe sono accusate di omicidio volontario premeditato, aggravato dalla presenza di una minore (la figlia di sei mesi della coppia), e anche il vilipendio e l’occultamento di cadavere. Sulla giovane pesa anche l’ipotesi di istigazione all’omicidio. Secondo la procura, sarebbe stata lei a convincere la suocera a commettere l’atroce delitto . “L’unico modo per fermarlo è ucciderlo”, la motivazione della 30enne. Secondo quanto riferito da Lorena Venier, la situazione in casa era ormai insostenibile, con gravi episodi di violenza. Questi fatti sarebbero comprovati da una condanna per lesioni personali gravi che stava per diventare esecutiva. Per questo, Alessandro stava organizzando un trasferimento in Colombia con la compagna e la bimba di 6 mesi per ricominciare una nuova vita.
“La vita di Mailyn era in pericolo, non potevamo più attendere“, avrebbe raccontato la madre della vittima agli inquirenti. Stando a quanto riferito dalla signora Lorena, il delitto è avvenuto in casa. Hanno prima stordito il 35enne con un ansiolitico nella limonata. Poi, visto che si stava svegliando, la madre gli ha somministrato dell’ insulina. Dopodiché, lo hanno soffocato, prima a mani nude e poi con i lacci delle scarpe. A morte avvenuta, hanno sezionato il corpo con un’ascia, poi lo hanno nascosto in un bidone e ricoperto con la calce (acquistata giorni prima). Questo dettaglio andrebbe ad aggravare la posizione delle due indagate.
Foto del nostro partner QN.












