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Un caso che, la scorsa estate, turbò comprensibilmente tutta l’opinione pubblica. Una morte atroce, quella di una bambina di soli 18 mesi, Diana, lasciata sola a casa per 6 giorni dalla madre Alessia Pifferi, 37 anni, e morta di stenti. Una bimba di cui non sa chi sia il padre e, quando era in attesa, non se ne era accorta.
Oggi si è svolta in tribunale l’ udienza a Milano che vede imputata la Pifferi per omicidio volontario aggravato e ciò che ha raccontato non è meno terribile della morte di sua figlia. La donna ha sostenuto che a chiederle di lasciare sola Diana sia stato il compagno (si trovava con lui quando l’ha abbandonata). “Volevo tornare dalla bambina, ma avevo paura della reazione del mio compagno. Lui diceva che non era il mio tassista”. Inoltre ha aggiunto che aveva timore a parlare con lui: “Era parecchio aggressivo nel verbale. Una volta ha anche cercato di sbattermi contro a un vetro in una discussione. Mi preoccupavo per mia figlia, ma al tempo stesso avevo paura di chiedergli di portarmi a casa”.
La Pifferi era convinta che il biberon sarebbe bastato come altre volte in cui l’aveva lasciata, ma “solo” per due giorni: “Le lasciavo due biberon di latte, due bottigliette di acqua e una di ‘teuccio’. Ero preoccupata, avevo paura di molte cose, che riuscisse a bere il latte. Pensavo bastasse”.
La donna ha continuato a sostenere che lei voleva bene a Diana, che ne era orgogliosa e che era motivo di intralcio non per lei ma solo per il suo compagno: “Parlando con le psicologhe mi sono ricordata che il mio compagno mi diceva di lasciarla da sola in casa per andare a fare la spesa. Due o tre volte mi disse di lasciare la bimba a casa nel lettino per andare con lui al supermercato a Leffe. Qui cominciai a lasciarla”.
La Pifferi ha raccontato di essersi prostituita 3 volte a casa sua, ma chiudendo in stanza Diana. Lo ha fatto solo per i soldi per “ pagare un giro in limousine al mio compagno”.
Terribile quando ha raccontato il momento in cui ha ritrovato la piccola senza vita: “Sono andata subito da lei, non ricordo se la porta fosse aperta o chiusa. L’ho accarezzata, ma ho visto che non si muoveva e capii che qualcosa non andava: non era in piedi come le altre volte, non giocava“.
“Non era fredda la bambina – ha continuato – tentai di rianimarla, le feci il massaggio cardiaco, la presi in braccio e le diedi qualche pacchetta sulla schiena. Provai a bagnarle le manine, i piedini e la testina per vedere se si riprendeva. La rimisi nel lettino e le spruzzai anche dell’acqua in bocca. Vidi che non si riprese e andai a chiamare la vicina di casa”. La Pifferi spiega come si sente ora: “Vivo alla giornata, vivo malissimo. La mia bambina mi manca tantissimo. Il carcere non è di certo un bel posto. Se tornassi indietro non lo rifarei di sicuro. Sono pentita, non pensavo potesse succedere una cosa del genere, anche perché io non ho mai pensato di farla fuori. Ho capito che i bambini non si lasciano.”