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di Paolo Rapeanu
Le note piazze cagliaritane regno degli ambulanti (da viale Trento a via Quirra, da via Simeto a Sant’Elia) non sono “segnate” nel nuovo Piano comunale delle aree. L’affondo di Confesercenti: “Penalizzati i venditori onesti, terreno fertile per la malavita”
Un telo o una bancarella, ma anche il cassone di un’”apixedda”: si poggia sopra la merce e si cerca di venderla. Ma, più che il “come”, nel capoluogo sardo spicca il “dove”, quando il tema è quello dei mercatini. Piazzale Trento, via Po e via Simeto, via Quirra e Sant’Elia (in quest’ultimo caso il Comune ha già gettato le basi per renderlo regolare). Ma, in generale, non c’è uno straccio di regolamento dedicato alle “piazze di vendita”. Ognuno fa come meglio crede e può. E c’è da registrare il duro allarme della Confesercenti: “Troppe zone incontrollate, c’è chi vende merce contraffatta e chi ne approfitta per creare giri di droga”.
A dirlo è Marco Medda, presidente regionale Dell’Anva (Associazione nazionale venditori ambulanti). “È un mercato tanto fiorente quanto irregolare e nascosto, l’abusivismo in città è sotto gli occhi di tutti, le zone incontrollate sono ben note. Non ci sono solo prodotti contraffatti: spesso c’è chi ne approfitta per creare una rete di spaccio di droga”. Affermazioni pesanti, quelle di Medda, che fornisce anche dei dati: “In tutto il Cagliaritano sono circa 3500 gli ambulanti, nel Piano comunale delle aree non c’è neanche una riga dedicata a loro. Molti hanno il permesso per vendere, ma vengono duramente penalizzati dall’assenza di regole. Comune e Regione sono immobili”.
Rincara la dose il presidente regionale della categoria che tutela i venditori dal logo biancoverde, Roberto Bolognese: “Gli abusivi rischiano pochissimo, il massimo è una multa che poi non pagano. Il settore del falso è in mano ai venditori di colore, non hanno fissa dimora e rappresentano, in tanti casi, un collegamento con la malavita che, oltre grazie alla droga, guadagna anche con la vendita di abbigliamento taroccato. Cagliari è una città di mare”, spiega Bolognese, “non deve trasformarsi in una realtà difficile come Bari, La Spezia o Marsiglia. I venditori regolari sono le prime vittime, non sono tutelati”.
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