Invece che chiarirsi, col passare dei mesi il mistero su Manuela Murgia, la 16enne trovata morta nel canyon di Tuvixeddu a febbraio del 1995, si infittisce. Dopo la riapertura del caso balzato ormai all’attenzione nazionale, gli inquirenti vogliono capire cosa ci facessero 100mila lire in banconote da mille e diecimila lire nascosti nel lampadario. E vogliono anche capire perché Manuela, il giorno in cui morì, prese altri soldi dalla sua camera per portarli con sè quando uscì dopo aver ricevuto una telefonata. L’ipotesi è che la 16enne fosse rimasta coinvolta in un giro in cui era costretta ad avere un qualche ruolo più grande di lei e che non fosse riuscita a sganciarsene: forse era costretta a custodire quel denaro per conto di qualcuno, di sicuro riceveva di tanto in tanto telefonate al numero fisso di casa che, hanno raccontato i familiari, la facevano piangere.
Intanto, si attende l’esito delle analisi che comparano il dna trovato sui vestiti di Manuela con quelli di Enrico Astero, ex fidanzato oggi 54enne e unico indagato per omicidio nella nuova inchiesta: l’auto blu metallizzata su cui Manuela fu vista salire potrebbe essere quella del cugino di Astero, che però si smarca, dice di non saperne nulla e anzi sostiene di essere stato in ospedale da un amico che doveva essere operato nelle ore in cui Manuela veniva uccisa.












