Assolte perchè il fatto non sussiste. Finisce così, dopo 7 anni, l’incubo di due sorelle di Quartu Sant’Elena, accusate dalla propria madre di maltrattamenti dal 2017 sino al mese di ottobre 2022. Cinque lunghi anni durante i quali, stando all’accusa, le due l’avrebbero “umiliata dinanzi alle sue richieste di aiuto per lavarsi o vestirsi dicendole ‘non c’è tuo marito per aiutarti’, ‘cosa è questa puzza di cipolle’, ‘puzzi’, ‘fai schifo'”. E ancora: insultarla dicendole ‘che faceva la prostituta quando svolgeva la mansione di cuoca’ in una mensa, ‘bastarda’. Nel deriderla nelle occasioni in cui cadeva a causa del suo deficit motorio, nell’accusarla di recarsi da fattucchiere per far loro dei sortilegi, nel percuoterla, incuranti della sua invalidità, con spinte e strattonamenti e nel minacciarla dicendole, tra le altri frasi, ‘tanti si crepaisi ma noi non ce ne andiamo’ (potete anche morire ma noi non andiamo via da qui’ e che “l’avrebbero trasferita presso un istituto per disabili e le avrebbero fatto fare un Tso”. Un quadro desolante e grave, che però è stato smontato in tribunale dall’avvocato Ignazio Ballai, che tutela le due ragazze.
Oggi, il giudice Giovanni Massidda ha pronunciato la sentenza di assoluzione per le due giovani: “Sono soddisfatto di avere contribuito nell’avere dato giustizia alle mie assistite”, afferma Ballai. E una delle figlie, a sentenza pronunciata, spiega come mai sia stato possibile arrivare a una situazione simile: “Non vedevo l’ora che arrivasse l’assoluzione. Mamma, prima, era arrabbiata per la malattia, purtroppo l’ha presa abbastanza male. Noi non l’abbiamo capita, all’inizio, poi piano piano sì. Faccio l’Oss e capisco che ci siano persone che si comportano in certi modi. Gli insulti? Erano un’invenzione di mia mamma, però ci sono state magari delle spinte ma nulla di più. Oggi viviamo ancora tutte insieme sotto lo stesso tetto. Mamma, per quanto mi riguarda, l’ho già perdonata e non le facciamo mancare l’assistenza. L’accusa era abbastanza pesante, ma era per la malattia. Da operatrice socio sanitaria so che ci sono tanti casi simili, all’inizio non capivo e lasciavo perdere, ero un ‘polso duro’. Poi ho capito che a portare le persone a reagire in certi modi, alzare le mani e inventarsi maltrattamenti era legata alla malattia”. Tra sessanta giorni si conosceranno le motivazioni dell’assoluzione delle due sorelle.












