Morire a 21 anni mentre si sta lavorando. Essere uccisi con un colpo di pistola alla testa per difendere una persona più debole, per portare la calma in un sabato sera come tanti che segnerà la fine dei sogni di un giovane con tanto progetti da portare avanti. È ciò che è accaduto sabato sera a Paolo Taormina nel cuore di Palermo.
Il 21 era intento come sempre a lavorare nel locale di famiglia “O Scruscio” quando vede un ragazzo preso di mira da un gruppetto di altri giovani. Calci e pugni, e Paolo non può restare a guardare. Interviene prima urlando, poi si avvicina. Poi il colpo esploso con rara crudeltà. Il gruppo sparisce a bordo dei motorini. Le video camere di sorveglianza forniscono preziose immagini dell’accaduto e le forze dell’ordine rintracciano il presunto killer: è Gaetano Maranzano, 28 anni, originario dello Zen che viene fermato nel quartiere Cruillas a casa della compagna.
Figlio di Vincenzo Maranzano, condannato a dieci anni per un duplice tentato omicidio, il 28enne avrebbe raccontato agli inquirenti il motivo del folle gesto: “Ho perso il controllo, quando me lo sono visto davanti mi sono ricordato che tempo fa aveva importunato la mia compagna”.
Versione che, comunque, non ha convinto gli investigatori. Distrutta la madre di Paolo, Fabiola Galioto: “Mi hanno distrutto la vita. Come si fa a sparare in testa a un ragazzo? Come faccio a vivere ora? Mi avete tolto la speranza”.













