“Presidente Solinas, gli hospice sono chiusi e i pazienti sono privati dell’affetto dei propri cari – si legge .. L’unico contatto con l’esterno può essere una videochiamata laddove le condizioni cliniche lo consentano, altrimenti il buio totale. Gli hospice non possono essere trattati alla stregua degli altri luoghi di cura; hanno una vocazione importante di accompagnamento alla morte. Rappresentano per il paziente la sua ultima casa. Una casa non scelta ma imposta dalla malattia dove nonostante tutto, si cerca di assaporare quegli ultimi istanti di vita rimasti. Si arriva negli hospice per l’impossibilità di gestire la malattia da soli. La malattia ti spoglia anche della possibilità di morire in casa. L’unica consolazione che resta, è che il proprio caro possa ritrovare negli hospice un prolungamento della vita familiare e un briciolo di quella dignità frantumata da anni di sofferenze sia fisiche e mentali. Oggi però questo conforto viene a mancare. Si è “violata” la possibilità di vivere il fine vita con quel supporto insostituibile che è la famiglia. Si è agito con ordinanze, decreti, senza davvero interrogarsi su quale fosse la vera tutela non del malato ma per il malato. Una vita che si conclude da SOLI. Si viene privati della libertà di decidere del proprio fine vita in un momento dell’esistenza dove si preferirebbe rischiare quei pochi giorni rimasti pur di essere circondati dai propri cari. La sofferenza esistenziale, la paura di essere abbandonati oggi sono voci inascoltate. In tutto questo dolore rimane un’unica certezza che i giorni passati non torneranno più indietro per chi sta lasciando la vita. Non ci sarà una seconda possibilità. Non sentite il peso di questa responsabilità sia etica che morale? È questa la strada più giusta da percorrere per il malato terminale?”









