Carla Valdes, di Maracalagonis, è una delle tante mamme sarde che ha un figlio disabile alle superiori a Cagliari. Anche lui, a 17 anni, ha subìto il taglio delle ore di assistenza: “Da dodici a sei ore, tempo nel quale è perso perchè lui ha sempre bisogno di avere una figura, un sostegno al suo fianco. È autistico, soffre di attacchi di panico e depressione”, racconta. “L’educatore, come figura è fondamentale”. Il giovane passa le ore a fissare il vuoto, in aula, perso, quando non c’è l’esperto accanto a lui: “Il suo diritto allo studio va rispettato, deve poter socializzare ed essere tutelato, non abbandonato”, tuona la donna. “È solo. È arrivato a chiedermi perchè la sua educatrice non c’è più, pensando di averla fatta arrabbiare. Chiedo alla Città Metropolitana più sensibilizzazione, le ore tagliate sono rubate ai nostri ragazzi”. Un dramma che è soprattutto sociale, mentre proprio dal Consiglio metropolitano annunciano un documento unitario da spedire alla Regione e un tentativo urgente di reperire più denari: “Il tempo passa, i danni morali chi li restituisce a mio figlio e agli altri ragazzi coinvolti? Oltre ai danni psichici?”.
“Basta niente, per questi ragazzi, per perdere i progressi fatti. Quando torna a casa e non ha avuto l’educatore piange, devo sedarlo con più gocce”, prosegue Carla Valdes. Che tuona contro quella prima famosa lettera spedita anche a lei dalla Città Metropolitana, “il caro energia come causa dei tagli del 30% della specialistica educativa”, motivazione poi rimangiata da chi l’aveva messo nero su bianco: “Fa ancora più male, nella lettera hanno detto che i tagli sono dovuti ai rincari. Educatori e ragazzi disabili non c’entrano con gli aumenti della corrente”.









