“Pallottole magiche” in grado di uccidere agenti patogeni risparmiando le cellule e i tessuti dell’ospite. Così diceva Paul Ehrlich, il padre della chemioterapia, circa 100 anni fa. Questo concetto è stato oggi raccolto come sfida nella lotta contro il virus responsabile dell’attuale pandemia. In questo scenario, un team di ricercatori sardi, appartenenti all’Università di Sassari, all’azienda Nanomater S.r.l., e all’Università della California (UCLA, Los Angeles), ha pensato di incrementare l’efficacia di agenti antivirali da utilizzare nella terapia anti COVID-19, veicolandoli tramite “nanonavette” intelligenti, in grado di riconoscere selettivamente le cellule infettate o che potrebbero infettarsi con il virus.
Il team ha iniziato a lavorare sul progetto all’inizio della pandemia, quando si erano acquisite informazioni sul meccanismo attraverso il quale il virus infetta le cellule – in particolare quelle dell’epitelio alveolare del polmone – partendo dall’idea di sfruttare lo stesso processo come potenziale terapeutico.
La ricerca ha portato alla realizzazione di nanoparticelle di dimensioni simili a quelle del virus, caricate con il farmaco antivirale Remdesivir, utilizzato come modello, e di recente approvato per il trattamento della malattia COVID-19; queste nanoparticelle sono state ingegnerizzate in superficie con piccoli “gancetti” capaci di riconoscere e di interagire con delle strutture specifiche (denominate “ACE2”), presenti sulla superficie delle cellule del tessuto polmonare: esse costituiscono il sito di riconoscimento per il SARS-CoV-2 per l’ingresso e quindi l’infezione nelle cellule. La presenza di questi “ganci molecolari”, nel favorire l’interazione (o “attracco”) tra il nanovettore e le cellule principalmente localizzate nell’apparato respiratorio, consente la veicolazione selettiva del farmaco verso tali bersagli.
La novità introdotta dal team sardo è che la nanonavetta così realizzata può consentire all’agente antivirale caricato al suo interno di raggiungere con più selettività le cellule già infettate (o che potrebbero essere infettate), e quindi essere utilizzato in dosi contenute, garantirne una efficiente distribuzione e limitarne eventuali effetti indesiderati per l’organismo. Inoltre, tale tecnologia offre la possibilità di somministrare farmaci per il trattamento di COVID-19 per via inalatoria, ampliandone così le potenzialità e le applicazioni terapeutiche come nel caso del Remdesivir, correntemente somministrato per via endovenosa.
I risultati degli esperimenti condotti in laboratorio sulle cellule infettate hanno mostrato un significativo incremento dell’attività antivirale del farmaco veicolato attraverso la nanonavetta e confermato la sua competizione con il virus nell’ingresso nella cellula. Sono in corso delle interlocuzioni con aziende interessate a sviluppare questa tecnologia. Questi risultati hanno portato nuovi stimoli ed entusiasmo nel proseguire gli studi volti a migliorare la struttura dei nanosistemi intelligenti e ad approfondirne l’efficacia nella prospettiva di ulteriori sviluppi.
La collaborazione tra il gruppo di ricerca sardo e quello statunitense, anche su altre tematiche, ha inoltre consentito di generare una solida piattaforma sperimentale per altri progetti nel settore dello sviluppo di nuovi farmaci innovativi e della loro veicolazione con nanosistemi ad alto contenuto tecnologico.












