Se si provasse a stilare un elenco con tutti i nomi dei cittadini di Elmas che non sono mai stati a mangiare la pizza da Giorgione, la lista sarebbe o vuota o con ben pochi nomi. In paese, dopo 43 anni, chiude un’istituzione del food: Giorgio Ales, nel 1980, aveva rilevato il locale da un altro imprenditore che l’aveva avviato da appena sei mesi e, per tanto tempo, la sua è stata la prima e l’unica pizzeria masese. Lì ci hanno mangiato almeno tre generazioni: chi oggi ha sessant’anni ricorda le pizzate o le semplici uscite con gli amici con, a contorno, una Margherita o una Capricciosa. E ciò che sconvolge è la rapidità con la quale l’ennesima impresa sarda è finita gambe all’aria. Cristian Ales, tra forno a legna e sala, ci ha lavorato per decenni, prima di prenderla completamente in gestione. Un passaggio generazionale che, però, è anche l’ultimo. Da oggi la pizzeria è chiusa, grazie a tutti e arrivederci: “Una decisione sofferta”, confessa il quarantacinquenne. “Il Covid mi ha spezzato le gambe, non poter utilizzare gli spazi interni è stato gravissimo. Prima facevo 150 pizze al giorno, oggi arrivo a farne una quarantina. E dal Governo, come ristori, ho avuto appena 1900 euro”. Spiccioli, una cifra insignificante per ripianare i conti. “Oltre a me, lavorava anche la mia compagna e un nostro parente, mentre ogni tanto chiamavamo un portapizze”.
A conti fatti, tre nuovi disoccupati. “Tutto è aumentato. La spesa giornaliera per il locale è passata da cento a 220 euro. La legna prima costava 17 euro al chilo, ora ventinove. La mozzarella è stato uno degli altri prodotti che ha registrato un rincaro insostenibile”. E non è nemmeno un addio indolore: “Ho accumulato debiti per trentamila euro, mi sono fermato prima che la cifra continuasse a lievitare”. Già, perchè negli ultimi anni da Giorgione le uniche a non lievitare sono state le pizze prodotte. “Ho due figli e una compagna, me ne andrò a fare le stagioni nei villaggi vacanze per sfamare la mia famiglia”. E, naturalmente, “sperando che il guadagno che faccio in quei quattro-cinque mesi mi basti per coprire anche gli altri mesi dell’anno”.










