Si è scottata una volta, anche se non poteva evitare la bruciatura di dover sborsare 300 per una colonscopia che nel suo caso, malata e invalida, era fondamentale per essere curata meglio. Vincenza Cabras, 68enne di Assemini, alla fine ha pagato: “Mi sono arresa dopo sei mesi di tentativi a vuoto, ad agosto 2021. Dal Cup mi hanno sempre detto che non c’erano posti liberi da nessuna parte, pagando ho fatto l’operazione, segnata come urgente, a Decimomannu”. Quattro mesi più tardi, la Cabras si ritrova combattuta: “La dottoressa mi ha detto che devo farne un’altra. Ho insufficienza renale e cardiaca, sono diabetica e ho una miastenia. Sono invalida al 96% e, tra me e mio marito, portiamo a casa due piccole pensioni per un totale di 1500 euro. Con due figli disoccupati e con la mia figlia che ha avuto un bambino, in casa siamo in cinque e dobbiamo far quadrare i conti, dovendo pagare anche l’affitto. Le pensioni non si moltiplicano e altri trecento euro, ora, non li voglio spendere, preferisco tirare ancora un po’ così”. Cioè senza un aggiornamento sulla sua salute.
E la Cabras è abituata, purtroppo, ai salassi sanitari: “Ho pagato il cardiologo e il nefrologo, non avevo altra scelta. Ora, grazie alla disponibilità di una dottoressa della Diabetologia dell’ospedale Binaghi, forse riuscirò a fare le nuove due visite gratis. Sta cercando di farmi prendere un’impegnativa, anche se per le visite nefrologiche è tutto pieno almeno sino ad agosto”. Nel pubblico, ovviamente. Nel privato, pagando, è tutta un’altra storia, in Sardegna. Purtroppo.












