Una serata segnata dall’uso massiccio di cocaina e alcol, pochi dubbi ormai sulla natura della polvere bianca trovata sul grande tavolo del salone. E poi il litigio scoppiato durante una conversazione sul demonio, i toni sempre più alti, gli spari. È in questo scenario che si inserisce l’omicidio di Cinzia Pinna, per il quale è in carcere l’imprenditore Emanuele Ragnedda, che ha detto di aver sparato dopo aver visto la donna con un coltello in mano avanzare verso di lui. “Mi sono spaventato, ho visto tutto nero, non ho capito più nulla e ho sparato”, ha detto agli inquirenti. Tutti elementi che andranno verificati ma che non scalfiscono quella che ormai è una certezza: Ragnedda ha sparato, potendo non farlo, e soprattutto aveva con sé un’arma nonostante potrebbe aver assunto cocaina, ipotesi sulla quale ormai ci sono pochi dubbi. Oggi è prevista l’udeinza di convalida del fermo.
Le indagini intanto proseguono senza sosta. Si lavora sulla dinamica dell’omicidio e sul comportamento di Ragnedda nei giorni successivi, dal 12 al 24 settembre, quando è stato arrestato. Restano punti oscuri, tra cui lo spostamento di alcuni oggetti riconducibili alla vittima e il possibile coinvolgimento di altre persone.
Accertamenti sono in corso non solo nella casa di Conca Entosa, affidati al Ris di Cagliari, ma anche a Palau e Arzachena. Resta da chiarire la natura dei contatti con Ragnedda del giardiniere lombardo 26enne dopo l’omicidio, scagionato dall’accusa di occultamento di cadavere.
Ieri sera, Castelsardo ha abbracciato la memoria di Cinzia con una fiaccolata che ha visto la partecipazione di migliaia di persone, unite in silenzio e dolore per chiedere giustizia.











