“5 ore di attesa in ambulanza per un paziente Covid-19 prima di poter accedere al policlinico di Monserrato”. L’appello del presidente dell’associazione del 118 ACRA San Geminiano Samassi Annalisa Mancosu: “Se la situazione dovesse peggiorare, quante ore dovranno trascorrere i pazienti prima di essere presi in cura dai colleghi? Una sola stanza “sporca” non basta”.
Una situazione che si aggrava giorno dopo giorno e che rischia di peggiorare se si considera la curva epidemiologica che sembra non arretrare. Il racconto di quanto è accaduto sabato mattina non lascia dubbi, “occorre una migliore organizzazione che parta dai vertici, mirata a ridurre i tempi di attesa per i pazienti per i quali si sospetta abbiano contratto il covid e che necessitano di cure ospedaliere”. “Nessuna polemica” sottolinea Mancosu, ma un appello a nome degli operatori sanitari che ogni giorno lavorano e si prodigano per garantire la massima assistenza in sicurezza a chi ne ha bisogno.
I fatti: sabato mattina la centrale operativa del 118 dispone per l’associazione di volontariato samassese un intervento per malore con paziente febbrile, diventato sospetto caso Covid al triage dopo una accurata anamnesi e, in seguito, confermato positivo al coronavirus. Alle 13,30 si avviano in codice giallo al policlinico “Duilio Casula” per poi far rientro in sede solo dopo le 19,30. “5 ore di attesa per il paziente sono tante, anzi troppe. Purtroppo c’è solo una stanza riservata al percorso “sporco”, quello per i sospetti casi covid-19; e se dovessero arrivarne 3 contemporaneamente quanto sarebbe allora il tempo d’attesa? I colleghi del policlinico si sono prodigati il più possibile, hanno fatto il possibile e continuano a farlo in ogni momento, come gli operatori e i medici della centrale operativa 118 di Cagliari, occorre una organizzazione che preveda più spazi per accogliere i pazienti”.
Una problematica da non sottovalutare sia per la salute di chi necessita cure mediche, sia per gli operatori che vengono sottratti ad altri interventi, senza trascurare l’esposizione prolungata con il virus anche se i protocolli adottati sono “rigidi e scrupolosi”.











