Varcato l’ampio ingresso del Lido, la curatissima sabbia bianca dava subito il benvenuto; l’incedere sicuro e la consumata aplomb erano di casa tra i soci più raffinati. Poco più in là gli ombrelloni allineati e l’elegante rotonda offrivano sicurezza a chi era parte di quel jet-set. Chissà quante storie si sono consumate tra le sue bianche mura: i giochi sulla riva del mare, le amicizie tra i vicini di ombrellone, e le partite giocate sulle piscine di sabbia. Al far della sera, le interminabili sfide a carte erano il passatempo tra i soci di vecchia data. Ma c’era anche “l’altro ingresso”, quello via mare, usato da chi non aveva il biglietto e si intrufolava tra gli habitué. “Con tutto questo caldo una bella nuotata è quello che ci vuole”, diceva chi si apprestava a fare un po’ di bracciate per entrare in spiaggia dalla rotonda, in mezzo alla confusione del bar, e distante dagli sguardi indiscreti di arcigne spione.
Il tipo di costume e l’andatura da periferia erano indizi per il bagnino-detective, perché ad occhio esperto bastava un attimo per scovare l’intruso; un movimento sbagliato ed era la fine: i momenti erano interminabili sotto il sole cocente, quando, sul crudo cemento, si incontravano chi era “approdato” dal mare, e chi il mare lo controllava.
La fuga era impensabile, occorreva molta calma per proseguire con l’incedere “da tesserato”, il cuore batteva a mille, un rivolo di sudore calava sulla fronte dell’abusivo minandone il passo fintamente sicuro, otto metri, sei, due, scambio di sguardi e un sospiro di sollievo, tutto è andato liscio ! Sono anche questi i bei ricordi delle giornate al Poetto di tanti anni fa, oggi sarebbe inconcepibile una passeggiata interrotta da muri di confine lungo la battigia, ma erano altri tempi, quasi un altro mondo, dove i rubinetti venivano usati anche per levar via la sabbia dai piedi, e un po’ più su, con manovre veloci e cavallereschi “inchini”.











