Il porto di Cagliari sembra essere “felice”, rispetto ad altri attracchi italiani, per quanto riguarda l’obbligo del green pass, dal 15 ottobre, per tutti i lavoratori. Tra le gru e i container non si sentono voci di protesta o di battaglia, ma va anche precisato che, complice la crisi del Porto Canale, l’attività lavorativa è molto ridotta rispetto, per esempio, a Trieste, dove la rivolta dei portuali ha portato il Governo ad aprire ai tamponi gratuiti ma a carico delle aziende. Nel capoluogo sardo sono 250 i lavoratori che, tra poco meno di quarantott’ore, dovranno avere il green pass tra le mani: vaccino o tampone negativo non fa differenza, senza la certificazione verde non si lavora. E c’è un buco nelle comunicazioni tra portuali, sindacati e Autorità portuale, come spiega Corrado Pani, segretario generale aggiunto della Fit-Cisl: “Sinora non abbiamo ricevuto nessuna indicazione, c’è la facoltà data dal Governo alle imprese per acquistare tamponi da far fare, gratis, ai lavoratori”; esordisce Pani. “Non abbiamo registrato lamentele e non sembrano esserci polemiche all’orizzonte, anche se non sappiamo se tutti i lavoratori siano in possesso del green pass, fare una stima prima di venerdì è praticamente impossibile”. Pani sa perfettamente ciò che è successo nel porto friulano e le “minacce” di blocchi anche in altri porti italiani: “Ma quelli sono no-vax, le regole sono chiare”.
Certo. Però, intanto, bisogna evitare che possa scoppiare il caos anche nello scalo cagliaritano: “Per questo chiederemo un incontro con l’Autorità portuale, è lei che deve effettuare uno screening per capire se tutte le imprese che operano a Cagliari hanno previsto di aderire alla possibilità dei test gratis prevista dal Governo”, dice il sindacalista. “Le aziende possono acquistarli, per noi è una pura e semplice questione di sicurezza: dobbiamo assolutamente evitare sia possibili focolai del virus sia possibili proteste”.










