Momenti di alta tensione si sono vissuti all’ospedale SS. Trinità di Cagliari quando un detenuto, portato al pronto soccorso per una consulenza psichiatrica, ha dato in escandescenze dopo il rifiuto del medico di modificare la sua terapia. L’uomo ha prima inveito contro il personale sanitario, poi si è scagliato con violenza contro un agente di polizia penitenziaria.
Secondo quanto riferito dal sindacato autonomo di polizia penitenziaria (Sappe), il detenuto non ha dato ascolto ai tentativi di mediazione degli agenti e ha reagito con pugni, colpendo uno di loro nonostante avesse le manette ai polsi. Durante il trasferimento, la sua furia non si è placata: ha sbattuto ripetutamente la testa contro le pareti della cella del mezzo e ha minacciato di morte i membri della scorta.
Alla fine, i medici hanno stabilito che non vi fosse alcuna emergenza sanitaria e il detenuto è stato riportato in carcere. Ma l’episodio riaccende i riflettori su una problematica sempre più pressante: la gestione dei detenuti psichiatrici, su cui il sappe chiede un intervento immediato da parte delle istituzioni. “Ormai è una prassi consolidata: molti simulano malori per ottenere un’uscita dal carcere”, denuncia Luca Fais, segretario regionale del Sappe, che chiede un intervento immediato delle autorità”.
Il sindacato punta il dito contro l’assenza di strutture adeguate e sollecita la Regione a completare il reparto detentivo sanitario, considerato una soluzione chiave per evitare episodi come questo, ormai insostenibili. “Aggressioni, colluttazioni e tentativi di suicidio sono all’ordine del giorno nelle carceri sarde – conclude Donato Capece, segretario generale del Sappe – Serve un nuovo modello di custodia, perché la situazione sta diventando insostenibile”.










