Due giorni al museo etnografico di Cagliari in piazza Arsenale, quattro all’ospedale Santissima Trinità, per svolgere il suo lavoro: servizio di portierato. La “novità” lavorativa nella vita di Marcello Ibba, 42enne di Vallermosa, assunto dalla Coopservice nel 2018, avviene a febbraio 2020. Pochi giorni di lavoro tra febbraio e marzo per i permessi del Governo legati all’emergenza Covid, Ibba ha iniziato a lavorare a pieno ritmo all’ingresso principale dell’ospedale “da luglio, tra la sbarra e la portineria centrale”. E la paura, da quel momento, inizia a diventare una “compagna quotidiana”. Lui, infatti, risulta essere il “caregiver” della madre 68enne, “che ha problemi neuromotori e neurologici, pressione alta e difficoltà a camminare, è invalida al 75 per cento” e della nonna 89enne, scomparsa due settimane fa, “soffriva di una forma di demenza avanzata. Anche mio padre 70enne sta male ed è invalido al sessanta per cento: non sono però il suo ‘caregiver’, per legge, ma mi occupo ovviamente anche di lui perché è cardiopatico. Al Santissima Trinità ho lavorato due giorni al reparto Infettivi, ora sono all’ingresso e ho molta paura di poter essere contagiato dal Coronavirus. Se ciò dovesse capitare, rischierei di contagiare anche i miei genitori, visto che ogni giorno vivo insieme a loro, seguendoli in tutto”. Ibba ha spedito varie email alla sua società, la Coopservice, che gestisce i servizi di portierato in varie strutture, incluso il Santissima Trinità: “Ho chiesto di essere trasferito almeno in un punto meno frequentato della struttura. Quella è una zona di passaggio, i rischi di contagio possono essere alti. Sono l’unica persona che può accudire mamma e papà, una recente sentenza della Cassazione chiarisce che un ‘caregiver’ non può essere spostato, senza la sua volontà, nemmeno all’interno della stessa unità produttiva. Lavoro sei ore al giorno per sei giorni, guadagno quattro euro l’ora, una cifra molto bassa. Se non troverò una soluzione sarò costretto a mettermi in aspettativa non pagata. Non ho nulla contro la Coopservice, ho parlato con un suo responsabile regionale, spero che accolga la mia richiesta”.
Ibba si è rivolto all’avvocato Roberto Cao, che ha depositato un ricorso d’urgenza presso la sezione Lavoro del tribunale di Cagliari, chiedendo che “vengano rispettati i diritti del 42enne, facendogli continuare a fare portierato solo al museo, luogo nel quale ha lavorato negli ultimi dieci anni anche con altre società, ma sempre all’interno dell’appalto della Cittadella dei musei”. Dopo diverse udienze, “sempre scritte e mai con comparizione delle parti perché ci sono stati i mesi di lockdown del Covid”il ricorso del legale è stato rigettato dal giudice. La Coopservice ha spiegato, che poteva trasferire Roberto Ibba per vari motivi: nella “lettera di assunzione”, scrivono i legali della società con sede a Reggio Emilia, alla voce “sede di lavoro”si scrive: “La sua sede di svolgimento dell’attività viene stabilita presso la zona operativa di Cagliari. Tale sede deve essere considerata agli effetti della normativa riguardante trasferta e trasferimento”. E “è il contratto di assunzione dunque che prescrive il luogo fisico e geografico come sede di lavoro, cioè Cagliari e Provincia, che corrisponde all’unità produttiva ove Coopservice espleta le commesse in appalto nei confronti dei clienti”. Quindi, non solo il museo etnografico di piazza Arsenale, ma anche, per esempio, il Santissima Trinità: “Tutti gli eventuali siti in cui, per richiesta della clientela, se ne dovesse ravvisare l’esigenza aziendale, e perimetrali geograficamente in Cagliari e provincia. Il legale di Ibba, però, non ci sta: “La sommarietà del rito del ricorso d’urgenza – scelto per la sua celerità rispetto a quello ordinario – ha certamente impedito al Tribunale di Cagliari di cogliere le ragioni del ricorso, motivo per il quale, il mio assistito, Marcello Ibba, si riserva di far valere i propri diritti nel giudizio di merito”.









