Cagliari, odissea al SS Trinità: 80enne con trauma cranico in fila per 12 ore al Pronto soccorso

La lettera di Maria Erba: “Signore anziane lasciate buttate sole e molto doloranti con urla disumane negli anditi. E noi che eravamo lì da accompagnatori a fare da infermiere consolanti a tutti. Siamo tutti stati presi in giro con “tra poco tocca a voi” e siamo rimasti buttati lì fino alle 22 dalle 10.15”


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Ottantenne con trauma cranico in fila al Pronto Soccorso per 12 ore. È successo due giorni fa al Santissima Trinità. La lettera è di Maria Erba.

“Ore 10.15 circa si va al Pronto Soccorso di Is Mirrionis con signora di quasi 80 anni caduta sbattendo violentemente la testa sullo spigolo di una sedia in legno con conseguente taglio bello largo e profondo in testa e forte dolore e gonfiore al piede destro.

Busso per chiedere una carrozzina, mi viene aperto dopo circa mezz’ora. Entriamo all’accettazione solo circa 2 ore dopo. Codice giallo, trauma cranico, bisogna fare subito tac dice l’infermiera, e anche mettere i punti, aggiunge.

Dall’accettazione ci portano in una saletta interna al PS con qualche poltroncina molto scomoda e sedie in legno.  Rimaniamo in una piccola saletta per ben 6 ore circa con persone che vomitavano, persone con febbre a 40, gente che urlava e piangeva.

Arriva una signora caduta, codice verde semplice, arriva l’infermiera prende lei, appena arrivata. Cosa? Le faccio: “Mi scusi siamo qui da stamattina con un codice giallo con trauma cranico e ferita alla testa, non per la signora, ci mancherebbe, ma perché passa lei con codice verde appena arrivata? Risposta: io sono di un altro reparto. Cosa? Le faccio gentilmente notare che in ps con cartello enorme all’ingresso, si entra per codici non per reparto ma che dici?

Con noi un signore cardiopatico mandato con urgenza li dal suo cardiologo: messa flebo male sangue nel tubo, flebo attaccata rubinetto chiuso, tenuto li ore ed ore, mani gonfissime, ricoverato alle 19.30 circa

Durante queste ore abbiamo provato più volte a dire mi scusi, la signora ha un trauma cranico, deve fare una tac. Risposte? Zero.

Viene un’infermiera a dire alla “mia” signora di darle la carrozzina perché le serviva, la “mia” signora ha fermamente detto no perché lei ha grossi problemi di deambulazione senza contare la precedente caduta.

Infermiere e infermieri strafottenti, maleducati, irrispettosi.

Esco a prendere cinque minuti d’aria, busso per rientrare, apre l’infermiera della carrozzina mi dice “ah si si lei accompagna la signora che non mi ha dato la sedia” con quel suo sorriso stupido io: SI e le spalanco la porta ed entro senza lasciarle nemmeno tempo di aprire bocca.

La sera il PS continua a riempirsi e noi sempre lì a fare la muffa con la signora con tanto sangue in testa sempre in attesa dalla mattina, di una TAC.

E li inizia il delirio: signore anziane lasciate buttate sole e molto doloranti con urla disumane negli anditi. E noi che eravamo lì da accompagnatori a fare da infermiere consolanti a tutti, a tenere fronti di persone che ci cacciavano l’anima.

Qualcuno chiama la polizia per poter avere una TAC per la madre dolorante nell’andito e poi è stata buttata fuori in sala d’attesa lasciando così la madre sola a urlare.

Siamo nel 2018, abbiamo scoperto tante nuove cose, inventato tante cose e ciò che l’uomo ancora non sa usare è il cuore. Siamo tutti stati presi in giro con “tra poco tocca a voi” e siamo rimasti buttati lì fino alle 22 dalle 10.15.

Senza cibo senza acqua perché si le macchinette fuori c’erano ma se uscivo non sapevo se mi avrebbero fatta rientrare e cosa più importante non avevamo nemmeno un euro dietro.

Ho visto la cattiveria umana nel negare una risposta, nel negare un briciolo di umanità. L’unica persona di cuore? La donna delle pulizie a cui dico un grande grazie per essersi mostrata umana.

Medici, infermieri, OSS mi avete fatto schifo. In giro col vostro sorriso ebete a prendervi caffè in giro sfottendo persone anziane buttate lì. Vergogna. Persone che fanno il loro lavoro solo per i soldi senza nessuna passione senza nessuna emozione”.

en.ne.