La pazienza, dopo sei anni, è finita, e in tanti casi anche i risparmi. I 40mila lavoratori stagionali della Sardegna sono scesi in piazza per protestare, partendo da Cagliari, la città più importante. E hanno scelto di urlare tutta la loro rabbia e disperazione sotto le finestre degli uffici della Confindustria di viale Colombo. Il motivo? Contratti fermi dal 2018, nessun aumento di almeno duecento euro nelle buste paghe e futuro sempre più difficile. Negli ultimi settantadue mesi è cambiato il mondo, oggi tutto costa di più e arrivare a fine mese “è difficile”, confessa più di un lavoratore, “a meno che non si rinunci praticamente a qualunque sfizio”. Hanno protestato e manifestato con, accanto, i sindacalisti della Cgil, rappresentata da Simone Congiu, Cisl con Giuseppe Atzori e Uil con Cristiano Ardau. Il tempo passa ma non arrivano quei rinnovi che consentirebbero, a chi si spezza la schiena anche per otto ore al giorno tra bar e tavolini di hotel e strutture ricettive, di vivere un’esistenza più tranquilla e senza la preoccupazione che, magari, anche una semplice bolletta un po’ più alta rispetto al solito rischia di mettere in crisi l’intero budget familiare mensile.
“La Confindustria non concede l’aumento, l’adeguamento, dopo ben sei anni dall’ultimo ritocco”, hanno spiegato i tre rappresentanti sindacali. “I prezzi sono aumentati più volte, l’inflazione è alle stelle e addirittura vorrebbero mettere delle clausole, come l’obbligo di reperibilità, nei contratti lavorativi di uomini e donne che operano, va ricordato, quando i turisti sono qui in vacanza e per divertirsi. La Confindustria adegui subito tutti i contratti, in caso contrario continueremo a protestare anche nei prossimi mesi, almeno sino a quando la situazione non si sbloccherà”.











