Stava per riabbracciare i suoi cari, la guerra ha posto un muro che può cercare di essere “superato”, al momento, solo con la preghiera. Nikolay Volskyy è il prete della comunità ortodossa di Cagliari, il pastore della comunità, vasta, russofona. Nella chiesa di San Saba, accanto al Duomo di Cagliari, si riuniscono ucraini, bielorussi e russi. Tutti uniti in preghiera, in questi gironi di guerra alle porte dell’Europa: “Mia moglie Elena, mio figlio Dimitri, mia nonna e mia zia sono sotto le bombe in Ucraina. Si trovano a Počaïv”, città di poco più ottomila anime nell’Oblast’ di Ternopil’, Ucraina occidentale. La moglie è una dottoressa, lavora nell’ospedale del paese. “È lì con nostro figlio e i nostri cari. Cerco di riuscire a sentirli ogni giorno, sono molto preoccupato. Venerdì sarei dovuto andare da loro, ma tutti i voli sono stati annullati”. La paura è tanta, Volskyy si affida alla fede: incrollabile.
“Siamo tutti per la pace. Ogni giorno, alle ventidue, ci riuniamo in preghiera. Qui in Sardegna ci sono migliaia di ucraini e ucraine, disperati per ciò che sta capitando nella loro patria”. E, sperando che in terra gli uomini, i “potenti”, cessino quanto prima il fuoco, Voslkyy invoca ancora una volta Dio: “Domani, sabato 26 febbraio, sarò a Olbia per trascorrere un’intera giornata di preghiera con tanti altri religiosi”.











