I fiori sono freschi, ma invenduti. I fiorai del cimitero di Cagliari fanno i conti con la crisi. Gli sgravi ottenuti sembrano essere solo un palliativo, uno “zuccherino” rispetto a una situazione, generale, che vede “casse quasi vuote e tanti fiori comprati e buttati”. Il discorso sembra essere molto semplice: rose, crisantemi e girasoli durano pochi giorni e, se nessuno li acquista, finiscono dritti nei cestini dei rifiuti. Dopo la boccata d’ossigeno dei primi di novembre per il ponte dei morti, fuori dal camposanto sta andando in scena un altro tipo di decesso, quello economico. Gli ambulanti possono lavorare, il Governo non prevede nessun divieto. Così, però, i ristori restano una chimera. E, sotto i maxi tendoni, regnano rabbia e disperazione.
Stefano Fenu, fioraio storico del cimitero, spiega di aver incassato “i bonus da 600 euro per il lockdown di marzo, poi ho chiesto e ottenuto i 25mila euro ma li devo rendere, ovviamente, anche se non subito. C’è solo un cancello aperto, la poca gente che viene non arriva sin da me per comprare fiori e, complice la paura del virus, gli ingressi al cimitero sono crollati. Io registro un calo degli affari del 40 per cento”, dice, “il Comune può aiutarci con soldi a fondo perduto, solo così possiamo mantenere le nostre famiglie”. Luciano Muscas, 69 anni, è ancora più arrabbiato e polemico: “Sono costretto a buttare tanti fiori, se non me li acquistano entro pochi giorni non posso fare altrimenti. Non ho preso nessun aiuto dal Governo”, sostiene. “Qui la gente è pochissima, gli affari sono in calo e le perdite sono inestimabili. Prima il cimitero contava anche tra i 500 e i mille ingressi al giorno, nell’ultimo periodo saranno, al massimo, una cinquantina”.










