È caduto e si è fratturato un femore. Portato all’ospedale, è morto dopo due settimane. Giovanni Moi, 88 anni, quartese doc (ha gestito per decenni una falegnameria nel centralissimo viale Marconi) ha lasciato la sua camera di una comunità per anziani lo scorso 15 gennaio e non è più potuto tornarci. Il motivo? Il decesso, stando a quanto riferito dai medici ai parenti “per Covid e altre patologie”. Principalmente per il virus, però: così emerge dalla email scritta dal figlio, Moravio, al tribunale del malato di Cagliari:” Chiediamo il vostro aiuto per fare luce su questa vicenda”. Una vicenda che vedrebbe un anziano impossibilitato a fare la fisioterapia post intervento, “andato benissimo”, in Traumatologia. Poi, la situazione è totalmente precipitata: “I medici parlano di patologie pregresse ma sapevamo solo che soffrisse di anemia”. E ora c’è una famiglia che vuole capire se tutte le procedure svolte dentro l’ospedale siano state regolari e se sia stato fatto tutto per garantire il benessere di Giovanni Moi. Ecco, di seguito, il messaggio completo.
“Mi chiamo Moravio Moi, sono nato a Quartu Sant’Elena il 2 aprile 1968 e sono il figlio di Giovanni Moi, nato a Quartu Sant’Elena il 20 novembre 1934. Mio padre, in data15 gennaio 2023 è caduto nella comunità per anziani dove risiedeva da poco più di un anno e mezzo e si è fratturato un osso femorale. È stato portato il 15 gennaio all’ospedale Santissima Trinità di Cagliari, per eseguire l’intervento chirurgico dovuto alla rottura. Dopo l’operazione, papà era lucido e san, nonostante l’età. Purtroppo, il 24 ha ricevuto le dimissioni per poter uscire ma la comunità dove lui risiedeva aveva pazienti positivi al Covid e, di conseguenza, non è potuto tornare in struttura. Mio padre aveva bisogno di effettuare la riabilitazione, che in ospedale il reparto risulta senza personale, quindi ci premuniamo e contattiamo la clinica pubblica, per poter iniziare a far la riabilitazione. La clinica ci ha detto che non era idoneo alla riabilitazione, senza fornire motivi validi. È sempre stato lucido e soprattutto di buona salute, quindi perché non idoneo? La comunità provvede a telefonare al dirigente della clinica che ci riferisce che il papà non era idoneo perché rifiutava di alzarsi e fare la fisioterapia dopo l’intervento, dopodiché ci viene detto che non era idoneo perché la struttura (clinica) al momento era piena. Detto questo, l’ospedale dove era ricoverato ci dice che l’avrebbero tenuto fino a venerdì 27 gennaio per poi ricontattare la struttura per capire un po’ che fare. In data 25 gennaio il signor Moi risulta positivo al tampone molecolare e quindi da quel giorno non è stato più possibile visionarlo e potevamo solo sentirlo per telefono. Da lì inizia il suo decadimento. Si lamentava al telefono di sentirsi sporco, e ribadisco era molto lucida come persona. Passate le 24 ore, quindi in data 26 gennaio, ha iniziato a non parlare bene al telefono: iniziamo a chiedergli cosa avesse, perché parlasse così, lui provò a spiegare ma pareva avesse un calzino in bocca .
Abbiamo chiesto informazioni all’ospedale e ci hanno detto che loro fornivano informazioni giornalmente al suo referente, che in questo caso era la comunità. Siamo andati a parlare con il direttore, ci ha detto di on aver ricevuto nessun tipo di informazioni dall’ospedale. Da lì il vuoto: cerchiamo di comunicare di nuovo con lui al telefono, risponde ma è sempre più confuso, riconosce le persone ma cerca di comunicare qualcosa, aggiungendo parole come ‘aiuto’, ‘quando vieni’, ‘Covid, dopodiché ha fatto delle telefonate a vuoto dove non parlava ma sentivamo solo un grosso respiro affannato, dopodiché il telefono risulta staccato, ci precipitiamo lì e chiediamo informazioni sullo stato attuale di mio padre e chiediamo che gli venga anche acceso il telefono in quando risultasse staccato. Hanno provveduto a riattaccarlo dopo 5 ore, ma non ha mai più risposto .
Da lì ci viene detto che le sue condizioni erano stabili, ma che essendo un anziano avrebbe potuto peggiorare da un momento all’altro, e così è stato. Dicono che papà si rifiuta di mangiare e mettere l’ossigeno.
Chiediamo se lo stessero sedando in quando l’avevamo: hanno negato, dicendo di dare solo del paracetamolo e che sia colpa dell’ospedalizzazione. Parliamo di un uomo che ha vissuto 20 anni da solo ed è chiuso da 2 anni in una comunità, da solo, quindi di che ospedalizzazione stiamo parlando? Da quel momento in poi, silenzio: il 28 gennaio alle 13 la telefonata: papà stava degenerano. Dopo trenta minuti la notizia del decesso. Ci precipitiamo lì, non c è stato possibilità di vederlo e neanche di dargli l’ultimo saluto, e chiediamo ancora una volta informazioni, ma pare che nessuno sapesse dirci quale fosse il motivo del decesso. Parlano di patologie che aveva, ma a noi non risulta nessuna patologia. L’abbiamo visto direttamente dentro un sacco, buttato lì, da solo. Cerchiamo di contattare la comunità dove lui era residente e non erano neanche stati avvertiti del decesso, allora ci chiediamo chi è il referente? Perché non era idoneo? Perché non ci hanno mai mostrato l’esito del tampone che finché lui era in vita diceva di non aver fatto? È normale che un anziano, a posto con le vaccinazioni contro il Covid, entri in un ospedale per un femore rotto e muoia dopo qualche giorno di Covid e patologie delle quali ignoravamo l’esistenza? Chiediamo il vostro aiuto per fare luce su questa vicenda”.











