La semplice richiesta di indossare la mascherina è costata, ad una dottoressa del Brotzu, una mattinata di inferno che si è conclusa con una lunga e dettagliata relazione spedita alla direttrice generale Agnese Foddis, al direttore sanitario Raimondo Pinna, al numero uno del settore amministrativo Ennio Filigheddu, alla direttrice di presidio Marinella Spissu e alla direttrice delle professioni sanitarie Bruna Dettori. Un paziente che doveva essere visitato e ricoverato si è rifiutato di indossare la mascherina, spalleggiato dalla moglie e dai suoi accompagnatori: “Le colleghe l’hanno accolto, dandogli assistenza e invitandolo ad indossare la mascherina”, ma a quel punto “alcune persone non identificate hanno affermato che non l’avrebbe indossata, chiedendo di parlare con me”. E lei si è subito avvicinata per capire cosa stesse succedendo: “Sono stata aggredita verbalmente da un signore che non si è identificato”. La dottoressa ha poi chiesto al paziente in carrozzina di coprirsi il volto: “Ha risposto la moglie, dicendo che non può indossare la mascherina. Lui, alquanto turbato e quasi assente, mi ha detto con voce bassa che non l’avrebbe messa”. Dopo avere informato la direziona sanitaria dell’aggressione, la dottoressa racconta di essersi recata più volte all’esterno dell’area della preospedalizzazione “per accertarmi dello stato di salute del signore, e tutte le volte sono stata aggredita e minacciata di denunce varie da parte di individui che non si sono mai identificati e che, secondo la mia impressione, tenevano tanto alla loro causa e non alla salute del paziente, che ho notato molto intimorito e poco attivo in questa discussione assurda”.
E, alla fine, “l’accompagnatore ha chiesto i miei dati, glieli ho comunicati tranquillamente e sono stati utilizzati per rilasciare una intervista calunniosa sui social senza il mio consenso”. La lavoratrice del Brotzu chiede “che venga fatta luce sull’accaduto al fine di tutelare la mia dignità professionale e quella dei miei collaboratori e tutelare il diritto alla salute del paziente, in quanto ha seri problemi di salute e non essendo interdetto avrebbe potuto decidere diversamente, essendo verosimilmente intimorito dagli accompagnatori e portato a rifiutare le disposizioni aziendali in merito al corretto utilizzo dei dispositivi di protezione individuali”. Un fatto grave, quindi. Compiuto da chi? C’è un video che gira su Telegram e che è finito sotto gli occhi anche di Gianfranco Angioni dell’Usb, dove viene fatto il nome della dottoressa e raccontato, seppur in maniera differente, lo stesso episodio: il filmato è realizzato dall’associazione Is Pipius No Si Tocant, da tempo attiva nel contestare mascherine, tamponi e alte regole che loro definiscono “limitazioni della libertà”. E, come già accaduto altre volte, bollano come “grave” quanto accaduto: “Questo gruppo sta facendo anche mandare tante email di protesta agli indirizzi dell’ospedale. Come Usb Sanità siamo del parere che le proteste, se portate avanti con legittimità, possono essere un incentivo per poter cercare di migliorare qualche dinamica, ma non possiamo accettare che si sconfini, così come ci è stato segnalato, nella violenza verbale e nella denigrazione professionale. Per questo motivo abbiamo chiesto all’amministrazione di mettere in atto tutte le forme di tutela verso la coordinatrice e i diversi operatori che sicuramente non meritano tutto questo”.










