Forme e colori che prendono vita, estratti di fisica quantistica, un racconto di come l’artista Mariano Chelo sia riuscito a influenzare e modificare la materia attraverso il tempo nelle sue categorie di chronos e le variazioni dei ritratti, cifra stilistica dell’artista Simone Mereu Canepa dai quali è scaturita la sperimentazione di un volto dipinto attraverso la scrittura. Una mostra dalle mille sfaccettature quella che, nella strada dello shopping per eccellenza, via Garibaldi, si impone come momento di forte richiamo per tutti gli appassionati di arte e cultura, quella che non parla attraverso testi scritti e narrati bensì esprime concezioni e concentrati di significati attraverso tratti, forme e colori, ben valutati e mai segnati prima di essere ampiamente valutati. Ed è così che nasce “Stratificazioni” di Chelo e Mereu. Per il primo artista, “il suo percorso artistico non si può incasellare, ogni definizione o etichettatura è una gabbia troppo stretta per la sua apertura alare. È un artista indipendente ma è rappresentato dalla Saatchi Art. È internazionale e profondamente bosano. I versi di Walt Whitman – Mi contraddico? Certo che mi contraddico! Sono vasto, contengo moltitudini – sembrano scritti per lui. Ha ragione – spiega Simonetta Ghisu, docente di storia dell’arte e critico d’arte – a paragonare la sua arte a un romanzo, con una pagina che è spesso la continuazione di un’altra, con continui colpi di scena e ripetute incursioni nella poesia. Nel corso della sua carriera ha raccontato la sua versione della mitologia e della Genesi, ha creato macchine improbabili e macchine del tempo, ci ha mostrato orizzonti marini con cieli alla Turner e ri-raccontato Pinocchio.
In Stratificazioni, Mariano Chelo presenta gli, il tempo cronologico e sequenziale, e aiòn, le intermittenze e anacronie dell’esistenza personale. Mi ha detto: Non dipingo le cose, ma come si comportano le cose, frase che riassume efficacemente questi suoi lavori. Ha preso alcuni pezzi che non lo convincevano e ci ha dipinto sopra, realizzando dei palinsesti che esplorano il linguaggio dell’espressionismo astratto ma anche il New Dada alla Rauschenberg, ampliandone le potenzialità espressive. Se Simone Mereu Canepa lascia nei suoi palinsesti qualche traccia alfabetica, come indizio della matrice della sua ricerca, le stratificazioni di Mariano Chelo rispondono con il linguaggio della musica, come questi versi di Franco Battiato:
Voli imprevedibili ed ascese velocissime
Traiettorie impercettibili
Codici di geometria esistenziale.
Nei lavori di grandi dimensioni Mariano Chelo lascia che eventi sincronici registrino sulle tele un punto di vista diametralmente opposto a quello della causalità. La sincronicità considera particolarmente importante la coincidenza degli eventi nello spazio e nel tempo, scorgendovi qualche cosa di più che il mero caso, e cioè una peculiare interdipendenza degli eventi oggettivi tra loro, come pure tra essi e le condizioni soggettive (psichiche) dell’osservatore o degli osservatori. La citazione di Carl Gustav Jung ci porta a L’interpretazione della Natura e della Psiche scritta a due mani con Wolfgang Pauli nel 1952, in cui si ipotizza l’esistenza di una relazione non causale tra eventi all’apparenza indipendenti, non necessariamente simultanei, che vengono avvertiti come collegati in modo significativo sul piano esistenziale. Jung e Pauli hanno aperto alla possibilità che possa esistere un’intima corrispondenza tra il piano fisico e quello psichico della realtà, che è anche l’esito delle ricerche artistiche di Mariano Chelo e di Simone Mereu Canepa”.
Le Stratificazioni di Simone Mereu Canepa nascono nell’estate del 2023.
Alla ricerca di nuove soluzioni formali, partendo dagli Alfabeti di Alighiero Boetti, Mereu Canepa si è allontanato dai canoni del figurativo per approdare a griglie dall’esito formalmente astratto ma con una forte valenza concettuale. “Nei palinsesti di Simone si sovrappongono i caratteri dell’alfabeto latino che, stratificandosi, configurano una struttura di associazioni: le iscrizioni sulla stele di Nora, alcune epigrafi greche, un frammento del carme 63 di Catullo, ma anche le strofe di Cecco Angiolieri e i testi di una canzone ci appaiono simultaneamente, in modo da rendere indecifrabili i singoli testi.
I Palinsesti di Simone Mereu Canepa si muovono sulle trame delle memorie e dei ricordi, due parole che spesso si confondono. La memoria è collettiva, razionale e intellettuale, è quella che salviamo per la sua densità di senso nella descrizione di una situazione attuale, è ciò che desta, per citare Bergson, la nostra attenzione alla vita. Il ricordo – il ritorno al cuore – è soggettivo, emotivo e sentimentale, scaturisce all’improvviso, senza che lo vogliamo. La memoria può essere anche quella dei nostri dispositivi elettronici, che interpelliamo se ci occorre un’informazione, mentre il ricordo è un’impressione emotiva che ci si presenta davanti per darci conforto o dolore, come la nostalgia. E se internet ha cambiato il nostro modo di memorizzare, perché mantiene le tracce dei vissuti privandoci del nostro diritto all’oblio, il ricordo, nella sua intrinseca dimensione intima e personale, resta un mistero. Simone comprende entrambe le dimensioni dell’essere umano. Ci sono palinsesti che sono ricordi di viaggi e di esperienze, Stratificazioni di montagna o Su Soi, ci sono anche le lettere a un amico o le riflessioni sulla giovinezza passata. In alcuni sono custodite in memoriam le generazioni di una famiglia, in cui l’albero genealogico diviene una sovrapposizione di nomi delle persone che non ci sono più che si mescolano con i loro discendenti, come il patrimonio genetico. Altri palinsesti sono invece connessi alla funzione civile della memoria collettiva nella società contemporanea, diventano dei tazebao criptati sulla salvaguardia dell’ambiente, o contro la guerra o la violenza sulle donne (Palinsesto dell’uomo gentile). Questa nuova dimensione astratta del lavoro di Simone Mereu Canepa trasforma i pensieri multipli, simultanei, tra memoria e ricordo, in una rilettura poetica, di cui suggerisce la metrica e il suono attraverso i colori e le forme. Poesia intesa in senso etimologico del produrre, del fare, in cui le composizioni verbali si smaterializzano proprio in virtù della loro moltiplicazione sovrapposta. Simone suggerisce che siamo ciò che ricordiamo, quello che il nostro inconscio ci presenta senza avvisare, ma siamo anche quello che razionalmente vogliamo condividere con la memoria. Fa i conti con il passato, da passus, passo, unità di misura sulla linea del tempo, per individuare quello che vuole salvare dall’oblio, per situarlo nel presente e proiettarlo nel futuro. Nella sua arte c’è un passato ancora attuale, che non si è distaccato dal presente e ancora lo chiama in causa”.












