“Qualcuno potrebbe avergli fatto del male”. Gianfranco Piscitelli, legale della famiglia di Pietro Arrius, scomparso 4 anni ad Arbus, fa chiederà il test del dna su alcuni resti ossei trovati in campagna. Potrebbero essere quelli di Arrius.
L’uomo 67 anni, viveva con la moglie e il figlio ad Arbus e domenica 12 maggio 2019, intorno alle 19, si trovava in un bar dove c’era molta confusione, in occasione della sagra del cinghiale.
Gli amici lo hanno visto incamminarsi per via Montevecchio che diventa strada provinciale e porta alla frazione di Montevecchio (dove terminano le tracce seguite dai cani molecolari). Proprio lì Arrius, che potrebbe avere problemi di orientamento, è stato avvistato l’ultima volta, seduto al tavolino di un chiosco.
Le telecamere non riprendono altri movimenti e l’avrebbero fatto se avesse proseguito in quella strada in una direzione o in quella opposta. “Può essere caduto in un dirupo o in un fosso o in un pozzo, oppure gli hanno fatto del male”, ha spiegato Piscitelli ai microfoni della trasmissione “Chi L’ha visto” che nella puntata ieri ha trasmesso un servizio sul giallo di Arbus.
È stato intervistato anche Roberto Caddeo, (noto in paese per aver ereditato dal padre il soprannome di “palle d’oro”, evidenzia il servizio della trasmissione di Rai 3), l’uomo che da un decennio aveva stretto una relazione con la moglie di Arrius e quest’ultimo era informato di tutto e aveva deciso di accettare e continuare ugualmente a vivere con la consorte. “Basta con questa storia. In paese hanno già chiacchierato troppo su di me”, ha dichiarato Caddeo, “l’ha detto anche il maresciallo dei carabinieri di Villacidro che io non c’entro nulla con questa vicenda. Perché avrei dovuto avercela con lui? Io frequentavo tutta la famiglia ero lì spesso a pranzo o a cena”.
Un cognato di Arrius nega che i resti trovati siano di Pietro e chiede che vengano indagati i fornelli della miniera di Montevecchio, anche se i custodi dell’area industriale spiegano che questi sono tutti sigillati.
Caterina, la moglie di Arrius lancia un appello: “Chi sa parli. Ho il diritto di sapere, non ce la faccio più”.












