C’è una triste, tristissima realtà che riguarda la sanità sarda. Ed è legata a chi deve sottoporsi a una visita cardiologica. Se è vero che certi organi del corpo non si può scherzare, il cuore, per quanto sia un muscolo, non fa eccezione. E i dati drammatici riportati nell’ultimo bollettino dell’Ats fanno capire che ci sono tanti sardi o che non si curano o che aprono il portafoglio e pagano, e pure tanto, per sottoporsi ad elettrocardiogrammi, test da sforzo, ecodoppler e holter vari. Se l’urgenza è massima la disponibilità negli ospedali sardi è abbastanza alta: il 96% delle priorità brevi trova accoglimento entro i dieci giorni previsti. Ma se disgraziatamente si arriva ad un mese, cioè priorità D, differibile, il divario è abissale: appena il 24% riesce a finire davanti ai medici nei tempi previsti. E se si scavalla a due mesi restano fuori sessanta sardi su cento. Percentuali impensabili in una regione occidentale, nel 2023. Eppure è così, e c’è poco da stare allegri.
In caso di aritmia, affaticamento, battiti irregolari, se la prescrizione non è urgente bisogna sperare di avere tra i cento e i duecento euro per essere visitati in privato, sperando in tempi rapidissimi, oppure attendere la chiamata “miracolosa” da questo o quel reparto, sperando di arrivarci ancora vivi.









