Villasimius, chilometri di lettini vuoti e famiglie stipate nei pochi metri di spiaggia libera rimasti: l’estate 2025 riaccende la rabbia dei bagnanti. Sui social la protesta corre veloce, alimentata da chi vive sulla propria pelle un modello di turismo che molti giudicano insostenibile. “A quei prezzi non ci va più nessuno”, scrive un lettore. “Domenica al Poetto 2 lettini e un ombrellone a 35 euro: due sole postazioni occupate e per tutta la giornata i rimanenti sono rimasti vuoti. Ma ci vuole molto ad abbassare il prezzo e riempire? Se li metti a 10 euro, come nel 90% delle località turistiche fuori dall’Italia, li prenderebbe chiunque e lavoreresti fino a ottobre. Invece no, prezzi folli e si lavora solo tre mesi. Ai primi di settembre, con 30 gradi, stanno già smantellando. Abbiamo in mano un paradiso e non riusciamo a fare utili”. C’è chi invoca una vera rivoluzione: “Le spiagge devono tornare libere, sono demaniali e appartengono a tutti. L’ombrellone me lo porto da casa e scelgo il posto che più mi piace”. “Quella degli stabilimenti è una realtà vergognosa”, rincara un altro utente. Si restringono sempre più le spiagge libere e per contro i gestori pagano cifre irrisorie allo Stato. Veramente da vergognarsi, il mare è patrimonio di tutti!”. La rabbia si concentra soprattutto su alcuni luoghi simbolo. “La spiaggia dello Scoglio di Peppino è scandalosa! Completamente occupata dallo stabilimento del resort. Da anni è così e ogni anno se ne prende un pezzetto in più, tanto non ci sono controlli”. Un’altra testimonianza racconta una trasformazione lenta ma inesorabile: “Sono stata a Villasimius da metà marzo a metà giugno, e da aprile, quando hanno iniziato a installare ombrelloni, ogni giorno le file si allungavano sempre più in orizzontale e verticale, e lo spazio sulla battigia sempre più ridotto. Sulla parte finale di Porto Giunco, fino a due anni fa c’era spazio sufficiente: quest’anno, se ci stanno tre ombrelloni è tanto! Pagano concessioni irrisorie e non basta: a maggio e giugno c’era poca gente, ma pensavo fosse il periodo. Se anche adesso sono vuoti sono contenta, ma purtroppo ci sono sempre meno spiagge libere”. Il malcontento si allarga anche a Cala Sinzias: “Dieci euro di parcheggio ‘incustodito’ per arrivare in una spiaggia enorme ma piena zeppa di stabilimenti privati dei resort. Quello del Tamatete, quello del Resort Cala Sinzias e almeno altri tre o quattro. Conclusione: eravamo tutti ammassati nei piccoli spazi di spiaggia libera rimasti. Non dico che non ci debba essere lo stabilimento, ma su una spiaggia così metterei il limite di due al massimo, non cinque o sei, e anche un limite di metri. Ormai o paghi 35 euro o sei accalcato: è sbagliato”.
Qualcuno propone la strategia del boicottaggio: “Basta andare in spiaggia libera e abbasseranno i prezzi. Finché si accetta il ‘colletto’ di 50 euro al giorno per ombrellone e lettini, gli stabilimenti continueranno ad allargarsi”. Non mancano le accuse di abusi: “Concessione per 100 ombrelloni e poi ne piazzano 200. Ogni anno rubano un pezzo di spiaggia in più, nessuno ci può cacciare dalla battigia. Bisogna chiamare gli organi competenti per fare un controllo sulla superficie occupata”. E c’è chi sintetizza il sentimento di molti: “Noi sardi stiamo diventando ospiti in casa nostra. Hanno invaso tutte le coste, queste concessioni per lo più vuote. A noi ci hanno sfrattato, sempre peggio”. Altri mettono in luce un paradosso: “Molti noleggiano sdraio negli stabilimenti e poi vanno a posizionarsi fuori, nella parte libera. Il risultato è che la spiaggia è invasa da strutture, ma resta vuota di persone”. Un coro di voci, insomma, che fotografa il divario tra il business delle concessioni e il diritto di godere liberamente del mare, in un’estate che, tra ombrelloni deserti e spiagge libere affollate, ha già il sapore di una battaglia.












