Vietato mangiare a Cagliari: prezzi esorbitanti, speculazione alle stelle e stipendi fermi

Basta andare in un qualunque supermercato, ma ormai anche nei discount, per rendersi conto di quanto ormai fare la spesa sia diventato proibitivo. La guerra è diventata l’alibi perfetto per piegare ancora le famiglie e i cittadini.

Se non fosse che con una guerra in corso il paragone è quanto meno indelicato, si potrebbe dire che andare a fare la spesa per le famiglie cagliaritane e sarde è un percorso di guerra. Come nel resto d’Italia ma in Sardegna un po’ di più, sempre.

Un po’ di più l’energia, un po’ di più la benzina, un po’ di più il cibo, un po’ di più tutto. Basta andare in un qualunque supermercato, ma ormai anche in un qualsiasi discount, per rendersi conto della dura realtà: non c’è articolo che non abbia subito un aumento, anche pesante. E, come il cibo, così l’abbigliamento, l’arredamento, le palestre o le piscine, i bar e i ristoranti, articoli di ogni genere.

E’ chiaro che la guerra, quella vera che tiene in ostaggio il mondo occidentale, è diventata l’alibi perfetto per le spericolate manovre di speculazione che vedono come vittima sacrificale proprio le famiglie, che incassano lo stesso stipendio ma devono pagare cifre molto più alte per vivere.

Un meccanismo di speculazione che il ministro Cingolani aveva denunciato per la benzina, volata a prezzi mai raggiunti, tanto che le Procure di Roma e Cagliari avevano aperto un’inchiesta per capire cosa stesse succedendo e chi ne stesse approfittando.

Il governo, che sembra vivere in una dimensione parallela che nulla ha a che fare con la realtà della gente comune, dovrebbe trovare il modo di intervenire. Perché tocca alla politica trovare soluzioni, non solo parlarsi addosso. Ma è chiaro che non lo farà. Meglio alimentare il circuito malato del reddito di cittadinanza, beffa amara per i cittadini onesti, che si alzano ogni giorno e lavorano tutto il giorno. Anche, immeritatamente, per chi sta a casa a prendersi i soldi.


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