Video e immagini girate in classe e postate su Instagram e Tik Tok: “quasi” niente di strano se ciò non fosse accaduto in scuola elementare violando la privacy di insegnanti e compagni.
Il fatto è accaduto in un centro del Sud Sardegna, nessun dettaglio aggiuntivo sul luogo è possibile fornire per assicurare la massima riservatezza considerata l’età infantile dei protagonisti della vicenda.
Troppi cellulari tra le mani dei bimbi che, sebbene sia severamente vietato e insensato alla primaria, sono stati portati a scuola e, peggio ancora, utilizzati, scaltramente, all’insaputa delle maestre. Intente a spiegare le basi della grammatica e le semplici operazioni di matematica, uno o più alunni hanno girato video dove visi e voci, ben riconoscibili, sono poi finiti in rete. Sui social, precisamente. Un fatto gravissimo per quanto riguarda la privacy violata, ma, forse, ancor di più se si prende in considerazione la giovane età degli studenti.
Insegnanti e mamme, informate dei fatti, sono rimaste allibite, senza, quasi, parole, e commenti opportuni a riguardo.
Impossibile non riflettere sull’accaduto, una vicenda che, sicuramente, non è unica, purtroppo, nel suo genere e che deve imporre a una attenta e opportuna meditazione. Il Comune in questione, informato dei fatti, avvierà un percorso scolastico, come già in molti centri è già in corso, con i professionisti del settore, affinché si parli di internet, bullismo, cyberbullismo ai piccoli e ai grandi, insegnanti e genitori, per comprendere come comportarsi e relazionarsi con l’evolversi della tecnologia. Perché, volenti o nolenti, la direzione è questa: internet e social sono conosciuti e adoperati anche dai bambini. Sempre, o quasi, sotto stretto controllo degli adulti ma, a volte, qualche cosa potrebbe sfuggire ed è così che, tra una videochiamata e una chat, nozioni, scherzi e quant’altro di non consentito possono essere espressi e divulgati. Complice la pandemia che ha accelerato il percorso delle generazioni più giovani alla conoscenza dei dispositivi, oggi, la maggior parte di loro ne fa ancora uso. Bisogna solo cercare di valutare e, soprattutto, insegnare il modo corretto dell’uso del mondo virtuale. Tematiche non semplici da capire e affrontare ma che richiedono un lavoro di squadra tra genitori, insegnanti ed esperti. Mai sottovalutare, quindi, la problematica poiché la situazione, come in questo caso, potrebbe sfuggire di mano: riparare, poi, ai danni potrebbe essere un percorso lungo e difficile. Questo poiché un semplice video o una foto si possono ramificare in bullismo, cyberbullismo, esclusione dei bimbi che, magari, hanno raccontato, con l’ingenuità e l’inconsapevolezza che caratterizza la loro infanzia, l’accaduto ai genitori o ai docenti. Si possono, allora, innescare meccanismi che nella psiche infantile, già provata dagli anni dell’isolamento sociale a causa delle restrizioni legate al covid, creerebbero tristezza, ansia, angoscia di essere esclusi dal gruppo, fragilità emotive.
Insomma, manuali alla mano sull’argomento rimanderebbero a veri e propri corsi di pedagogia e psicologia, che, sostanzialmente si potrebbero riassumere con un’unica raccomandazione: più vigilanza e controllo dei propri figli, anche quelli più piccoli.
Un rebus, un vero e proprio rompicapo soprattutto per i genitori ma anche per gli insegnanti che devono adottare le giuste parole e gli atteggiamenti più opportuni per informare, anche gli studenti più giovani, alle conseguenze negative che un uso improprio di internet e social possono recare.











