La notizia è di qualche giorno fa e a far emergere la problematica, segnalata dalle mamme, è il presidente della commissione di vigilanza Silvano Corda. Una sforbiciata ai contributi inerenti alla Legge 20 destinati alle persone con disturbo mentale, che possono usufruire di sussidi economici erogati dalla Regione tramite i comuni. Il sussidio consiste in un assegno mensile che, in presenza dei requisiti richiesti, viene riconosciuto a partire dal primo giorno del mese successivo a quello di presentazione della domanda. Il Comune, interpellato, ha spiegato che “l’ufficio Servizi Sociali, a seguito della verifica sul portale INPS, dei redditi percepiti dai beneficiari del sussidio previsto dalla legge 20/97 ha rideterminato la sussistenza del requisito dello stato di bisogno economico, cosi come previsto dalla Legge Regionale.
Tale Legge, infatti stabilisce che il sussidio economico è concesso, ai sensi dell’art 4 “a favore delle persone residenti in Sardegna che siano affette da disturbi mentali aventi carattere invalidante e che si trovino in stati di bisogno economico “ , inoltre l’art 7 e i commi 1 e 2 stabiliscono che “ si considerano in stato di bisogno economico i soggetti il cui reddito mensile individuale accertato sia inferiore a € 489,62”.
La direzione generale delle Politiche Sociali dell’Assessorato Regionale Igiene Sanità e Assistenza Sociale della Regione Sardegna, con circolari n. 9349 del 17/10/2018 “modalità di definizione del sussidio economico “ e 4506 del 24/03/2021 specifica di dover ricomprendere tra le entrate percepite anche le erogazioni assistenziali di invalidità civile, i trattamenti pensionistici escluso l’assegno di accompagnamento.
Concorrono quindi a formare il reddito individuale tutto i benefici economici assistenziali ricevuti dai richiedenti”. Ma Corda non ci sta e ribatte: “Devono applicare la sentenza poiché non è giusto che ci siano delle osservazioni particolari nei confronti dei più fragili. Il comune non ha, inoltre, un assessore ai servizi sociali e sarebbe giusto che lo avesse.
Noi abbiamo sempre applicato la Sentenza di Stato, i più fragili hanno diritto al contributo”. La sentenza alla quale si appella Corda è quella del TAR Lazio – Roma, sez. I, n. 2459/2015, concernente il regolamento sulla revisione delle modalità di determinazione e sui campi di applicazione dell’ISEE (indicatore della situazione economica equivalente).
“Non è allora chi non veda che l’indennità di accompagnamento e tutte le forme risarcitorie servono non a remunerare alcunché, né certo all’accumulo del patrimonio personale, bensì a compensare un’oggettiva ed ontologica (cioè indipendente da ogni eventuale o ulteriore prestazione assistenziale attiva) situazione d’inabilità che provoca in sé e per sé disagi e diminuzione di capacità reddituale.
Tali indennità o il risarcimento sono accordati a chi si trova già così com’è in uno svantaggio, al fine di pervenire in una posizione uguale rispetto a chi non soffre di quest’ultimo ed a ristabilire una parità morale e competitiva. Essi non determinano infatti una “migliore” situazione economica del disabile rispetto al non disabile, al più mirando a colmare tal situazione di svantaggio subita da chi richiede la prestazione assistenziale, prima o anche in assenza di essa. Pertanto, la «capacità selettiva» dell’ISEE, se deve scriminare correttamente le posizioni diverse e trattare egualmente quelle uguali, allora non può compiere l’artificio di definire reddito un’indennità o un risarcimento, ma deve considerali per ciò che essi sono, perché posti a fronte di una condizione di disabilità grave e in sé non altrimenti rimediabile” si legge nell’atto .












