Un mutuo acceso per comprarsi una casa, nel 2005, a Cagliari, è solo l’inizio di un viaggio folle, durato quasi vent’anni, di un uomo, oggi settantaquattrenne, che è arrivato a tentare di farla finita dopo aver cercato ogni strada, lecita, per procurarsi i soldi. È il 2018 e, nel momento più buio, ecco la luce in fondo al tunnel: la “legge salva suicidi”. Inizia una lunga battaglia legale e, lo scorso 29 aprile, arriva la vittoria anche in appello. Vittoria, perchè passare dal dover restituire in una botta sola settantamila euro a doverne rendere solo il 43%, in tempi umani, non può trovare un termine diverso. L’uomo è molto provato, oggi battaglia contro alcuni problemi di salute, legati al grosso cumulo di stress di venti lunghissimi anni. Ringrazia i suoi parenti, la moglie e la figlia in primis, per essergli sempre stati vicino: “I giudici hanno accolto il nostro piano di rientro”, commenta, soddisfatto, l’avvocato Renato Chiesa. “Il mio assistito aveva cercato di rimettersi in piedi in ogni modo. Aveva aperto una rivendita online di cellulari, poi aveva provato a stilare una rateizzazione con una banca, ma era andata male perchè avrebbe dovuto dare una rata di 400 euro al mese, una cifra improponibile perchè, inoltre, era una spesa che si aggiungeva ad altre che doveva fronteggiare”.
Renato Chiesa, da legale esperto, si è mosso subito seguendo i giusti canali: “Abbiamo presentato un piano di rientro all’organismo di composizione della crisi, che ha stilato una relazione di oltre sessanta pagine meritevole di accoglimento. Solo una banca non ha tenuto in considerazione i rilievi fatti e ha fatto reclamo al tribunale collegiale”. Ma i giudici hanno dato torto alla banca, riconoscendo che anche quell’istituto di credito, come in precedenza gli altri, avessero contribuito “a provocare il sovraindebitamento del mio assistito”. Che, da qualche giorno, è tornato a vivere un’esistenza sicuramente più serena.










