Una storia che arriva da un Comune dell’hinterland Cagliaritano, nel quale vive un 58enne affetto, da anni, dalla Sla. A raccontarla è Rina Salis Toxiri: psicologa, volontaria per le carceri dell’associazione Sdr e parente acquisita di una sorella del malato di Sla, consulente della famiglia dei fratelli e delle sorelle dell’uomo che ha perso le capacità sensoriali e motorie a causa della malattia. Ecco il suo scritto.
“Siamo perplessi, amareggiati e preoccupati per la decisione assunta dal giudice tutelare di non consentire ai fratelli di vedere il nostro congiunto malato di Sla nonostante non sia stata chiarita l’origine della sua volontà né sia stato possibile interloquire con lui, essendo privo del sintetizzatore vocale”. Lo sostengono in una nota i fratelli e le sorelle del 58enne, facendo notare che “prima di un’ordinanza del giudice la moglie, amministratrice di sostegno, ha impedito perfino la visita al marito ad un’anziana zia, deceduta da qualche giorno, lasciata sulla soglia della casa senza un perché. Intendiamo rispettare il dispositivo ma – osservano – riteniamo altresì di subire da mesi un rifiuto che non ci sembra nato dalla volontà del nostro familiare con cui, prima e anche durante la malattia, abbiamo sempre avuto amorevoli e affettuosi rapporti, avendolo inoltre, anche in compagnia della moglie, in più occasioni, accompagnato per visite di controllo e accertamenti diagnostici in Sardegna e fuori. Pensiamo invece che un atteggiamento di estrema protezione da parte della moglie stia producendo negative conseguenze sulla psiche di nostro fratello”.
“Questa vicenda – sottolineano – si protrae da mesi ed è approdata, nostro malgrado in Tribunale, nonostante i diversi tentativi di risolverla anche con la mediazione familiare, rifiutata dalla moglie e facendo leva sul buon senso e sulla condivisione di una condizione, quella prodotta dalla Sla, che ha già colpito crudelmente la famiglia. Ci addolora rilevare che possa essere una perizia, per quanto affidata a un valente professionista, a impedire a fratelli e sorelle di vedere il proprio congiunto e manifestargli affetto e solidarietà, aiutando per quanto possibile anche la moglie e cognata a sostenere questa difficile prova. Ci sembra assurdo ritenere valida una volontà, quella di non volerci al suo capezzale, quando lo stesso perito afferma che “Permangono dei dubbi sul processo di formazione della volontà così espressa”.
“Non c’è altro fine aldilà dell’affetto – concludono – giacché nostro fratello non possiede alcun bene materiale ha solo la pensione. Rivolgiamo quindi un particolare, sentito appello alle autorità competenti, affinchè sappiano farsi carico dell’inspiegabile situazione basata esclusivamente su una perizia psichiatrica di parte. Auspichiamo infine che il giudice tutelare nella prossima udienza, possa accertare senza dubbio alcuno la volontà di nostro fratello e cogliere anche la nostra profonda e disinteressata motivazione a stargli vicino,
ispirata solo da affetto familiare”.












