Sergio Secci (nella foto), venuto a mancare nei giorni scorsi, è stato una vecchia gloria del calcio siliquese negli anni ’60-’70-’80. Il calcio è sempre stato nel suo Dna. Inteso come una grande passione ma, soprattutto, divertimento e aggregazione. In altre parole, aveva una sana e modesta concezione dello sport. Sergio, inoltre, era uno che aveva una certa confidenza con il pallone: riusciva col suo talento e con la sua classe ad “addomesticarlo” bene. Tra l’altro, forse, per la sua modestia, aveva perso l’occasione di fare il salto di qualità, quello che in genere cercano di fare tutti i campioni come lui. Negli anni ’60, infatti, rifiutò di giocare nella primavera del Cagliari e preferì continuare la sua esperienza calcistica con squadre di livello inferiore. Il tutto per restare sempre a contatto con i vecchi amici e divertirsi con loro. Sergio amava lo sport e anche dopo aver appeso le scarpe al chiodo, rimase nell’ambito sportivo diventando socio fondatore e presidente della Polisportiva Acquafredda, nel 1983, allenando per diversi anni le squadre del settore giovanile di calcio. E’ stato, inoltre, un tennista a livello amatoriale. In passato era stato convocato nella rappresentativa Juniores della Sardegna. Per lui questa chiamata rappresentò una grande cosa: il pensiero di essere stato scelto fra i 22 giovani calciatori, tra i 16 e i 18 anni di tutta la Sardegna, era per lui un onore. Un vero e grande riconoscimento per le sue capacità calcistiche. In seguito, quando fu contattato dal Cagliari calcio per giocare nella Primavera, era un ragazzo di 17 anni e per lui anche se non aveva accettato, rappresentò comunque uno dei più bei ricordi della sua vita calcistica. Un’altra bella soddisfazione per lui, era stata quella di giocare, a fine carriera, assieme al figlio Marco, nella squadra dell’Arci, nel campionato amatoriale Uisp. Infine, nel 1972, lo si ricorda per aver realizzato il primo goal nella gara di inaugurazione dell’attuale campo comunale di Siliqua, nel corso della partita di campionato di Seconda categoria contro il Samassi. Insomma, trent’anni di vita dedicati al calcio, divertendosi e togliendosi tante piccole (ma per lui grandi) soddisfazioni. Quando il calcio era quello “vero”: lo si giocava soltanto col cuore e con tanta passione. (ROBY COLLU)











