Sergio di Dolianova, infermiere senza buoni pasto al Ss. Trinità: “Sono un mio diritto, li voglio”

Ha 49 anni e da ventuno è infermiere, Sergio Milia, residente a Dolianova: “I soldi del ticket mi servivano per una mini spesa, con quella cifra mica ci compri il mondo. Non sono un privilegiato, alcuni miei amici lavorano in certi enti pubblici e hanno buoni pasto anche di sette e otto euro”


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Ogni giorno macina “settanta chilometri” per andare a lavorare al Santissima Trinità, Sergio Milia. Quarantanove anni, residente a Dolianova, l’esordio tra le corsie dell’ospedale con il ruolo di infermiere in Psichiatria è nel 1998, ed è anche membro eletto nella Rsu sindacale interna. Problemi con l’erogazione dei buoni pasto? Sino all’anno scorso, manco per idea. Poi, lo stop “da parte dell’Ats. Poco più di cinque euro giornalieri, per dieci giorni al mese, che però diventano quattro per via dell’euro che ero costretto a versare. Voglio il ticket, così come tutti i miei colleghi, perchè ci spetta per legge, tutti i dipendenti pubblici ne hanno diritto e, se non c’è la mensa, si può spendere per un panino o, come facevo io, per la spesa, riuscivo a riempirmi un mini carrello”, confida. “Alcuni miei colleghi che lavorano in Regione o in un’azienda di trasporti, prendono anche sette o otto euro alla volta”. Insomma, un ticket ben più “pesante” di quello che, sino a ottobre scorso, riceveva anche lui: “Non sono un privilegiato, anzi, il nostro buono pasto era il più basso in assoluto. Facendo una media di cinquanta euro al mese, sono già cinquecentocinquanta euro che non ho ricevuto, pari a una mezza tredicesima”.

 

Già, perchè i conti, Milia, sceglie di farli ricordando anche quanto è il suo stipendio mensile: “Circa 1600 euro al mese, questo mese però sono a casa per infortunio e me ne arrivano 1503. I soldi dei buoni pasto”, rimarca l’infermiere e sindacalista Fials, “non avendo più i ticket sino a chissà quando”, sono soldi in meno per il quarantanovenne: “Li abbiamo dovuti spendere tirandoli fuori dalle nostre tasche”.