“Scorie nucleari, l’Isola non può diventare una discarica radioattiva nazionale”

Il Popolo della Famiglia Sardegna scende in campo e contesta l’individuazione dei 14 siti di stoccaggio di rifiuti radioattivi sul suolo sardo


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Il Popolo della Famiglia Sardegna scende in campo e contesta l’individuazione dei 14 siti di stoccaggio di rifiuti radioattivi sul suolo sardo. Nella Carta Nazionale delle Aree Potenzialmente Idonee (CNAPI), definita dalla società Sogin al fine di dare sistemazione a rifiuti radioattivi italiani di bassa e media attività, è inserita infatti una mappa di ben 14 siti in Sardegna. “Pare lampante che essi siano stati dimensionati per raccogliere rifiuti radioattivi non solo sardi, bensì provenienti anche da altre regioni d’Italia”, ha dichiarato Andrea Brenna, segretario nazionale del Popolo della Famiglia. “Questa scelta trasformerebbe la regione Sardegna in una discarica di un ingentissimo quantitativo di rifiuti radioattivi nazionali”.

“La Sardegna, che già da decenni subisce enormi disagi e disservizi apparendo una regione dimenticata”, ha proseguito Brenna, “non è certo disposta a fungere da discarica di spazzatura radioattiva dell’Italia intera, sia per il suo particolare carattere geografico (i rifiuti dovrebbero essere trasportati in Sardegna via mare), sia per quel principio di equità secondo il quale questi rifiuti radioattivi dovrebbero essere smaltiti direttamente dalle regioni dove sono stati prodotti ed in luoghi e contesti scelti ponderatamente, in accordo con le singole realtà locali e non certamente imposti, sia per quanto riguarda la localizzazione sia per le quantità di stoccaggio, da ministeri centrali che hanno agito senza un preventivo e necessario confronto territoriale”.

“Il Popolo della Famiglia chiede chiarezza al governo e alla Sogin sul reale utilizzo dei numerosi siti individuati in Sardegna per lo stoccaggio dei rifiuti radioattivi”, ha sottolineato a sua volta Nicola Di Matteo, vicepresidente e coordinatore nazionale del Popolo della Famiglia. “L’individuazione di ben 14 siti in Sardegna sembra infatti decisamente sovradimensionata rispetto ai rifiuti radioattivi prodotti nell’isola. Ogni regione è invece chiamata a fare la sua parte, in maniera proporzionale alla propria produzione di scorie nucleari. Si rivela dunque necessario un approfondito confronto con le autorità locali e con la popolazione sarda prima di ogni decisione”.


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