Per le ultime notizie entra nel nostro canale Whatsapp
Crescono nettamente produzione ed export negli Usa, vola la vendita nei discount, cala leggermente quella nei supermercati e ipermercati, con qualche variabile. La fotografia immortala la situazione fra ottobre 2019 e marzo 2020 rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.
PRODUZIONE, OLTRE IL 30% IN PIU’ – L’incremento registrato fra ottobre 2019 e marzo 2020 rispetto agli stessi mesi della precedente campagna casearia è precisamente del +30,11%. “Secondo le nostre analisi, l’attuale trend produttivo deriva principalmente da due fattori”, spiega il presidente del Consorzio di tutela del Pecorino Romano DOP, Salvatore Palitta. “Il primo: la produzione della corrente campagna casearia si è svolta in maniera regolare, al contrario di quella dello scorso anno, fortemente condizionata dalla vertenza latte. Infatti, quest’anno a febbraio abbiamo un +80,85% rispetto a febbraio 2019 quando, in piena emergenza, la produzione delle aziende si era ridotta notevolmente o addirittura azzerata”. La seconda motivazione è legata invece alla pandemia, ancora in corso, da Covid19.
“La crisi dei formaggi freschi, o a ridotta stagionatura, è la conseguenza diretta del blocco di alcuni canali commerciali quali i mercati tradizionali, l’Horeca, la ristorazione collettiva, i bar, a seguito dell’emergenza sanitaria dovuta al coronavirus. Le aziende di trasformazione hanno perciò orientato le produzioni verso tipologie di formaggi a lunga stagionatura e a lunga conservazione, come appunto il Pecorino Romano”.
Quasi impossibile, in questo momento, immaginare cosa accadrà nei prossimi mesi: l’andamento stagionale particolarmente incerto potrebbe portare a variazioni sostanziali difficili da prevedere.
EXPORT IN AUMENTO NEGLI STATI UNITI – I primi dati sull’export disponibili per il 2020 sono quelli diffusi dal Dipartimento del commercio USA. Nei primi due mesi di quest’anno è stato registrato un aumento del 27,5% in volumi e un +24,7 in prezzo unitario (dollari al chilo). “Un mercato, quello statunitense, che per il pecorino romano si conferma solido e con ulteriori possibilità di crescita”, sottolinea Palitta.
GRANDE DISTRIBUZIONE IN ITALIA, E’ BOOM DISCOUNT – Ottime, in questi primi tre mesi dell’anno, le performance delle vendite di Pecorino Romano nei discount, secondo i dati di Nielsen RMS (Retail Measurement System) elaborati da Ismea sulla Grande Distribuzione Organizzata in Italia. Nei Discount, il pecorino romano ha venduto il 45,9% in più in volume e il 41,7% in più come valore complessivo.
SUPER E IPERMERCATI, DATI IN CALO – Dopo i risultati positivi del 2019, la vendita del Pecorino Romano mostra una contrazione, in questi primi tre mesi del 2020, pari al -9,8% in volume e al -3% in valore totale. Il dato complessivo è il risultato del saldo fra le vendite a peso variabile in netto calo (ovvero il formaggio porzionato dagli addetti interni del supermercato e messo in vendita già pronto nei banchi frigo) e quelle a peso fisso in altrettanto netto aumento (il formaggio che arriva già porzionato e con identico peso nei banchi della Gdo). La contrazione ha dunque caratterizzato le vendite a peso variabile, con un -12,3% in volume e un -5,7% in valore, mentre le vendite a peso fisso sono aumentate dell’11,8% in volume e del 16% in valore. “Le vendite a peso variabile hanno inciso per l’87% circa sulle vendite complessive di Pecorino Romano in volume e in valore, con una contrazione che ha caratterizzato tutti e tre i mesi. Allo stesso tempo – spiega Palitta – l’aumento delle vendite a peso fisso è stato intenso a gennaio, con il +9,8% in volume e il +9,4% in valore, e soprattutto a marzo con il +36,1% in volume e il +40,5% in valore. Questi dati confermano la tendenza dei consumatori a scegliere prodotti di più facile conservazione, dovuta alla pandemia in corso”.
PREZZI IN AUMENTO, EFFETTO PANDEMIA – E’ infine interessante sottolineare l’aumento complessivo del +6,5% del prezzo medio (euro al chilo) del Pecorino Romano, dato complessivo di Supermercati e Discount. Un incremento probabilmente dovuto alla decisione di alcuni grandi distributori di aumentare i prezzi medi al consumatore, che hanno purtroppo approfittato della corsa agli acquisiti dovuta all’emergenza sanitaria.