La Sardegna si è svegliata di nuovo in zona gialla. A quasi due anni dall’inizio della pandemia, come in un angosciante labirinto che impedisce non solo di trovare ma persino di immaginare una via d’uscita, si torna ancora una volta in una situazione che si pensava abbandonata e superata per sempre. L’impennata dei ricoveri nei reparti ospedalieri Covid nell’ultima settimana non ha lasciato scampo, salita al 18% rispetto al 15% consentito dal governo per restare in zona bianca. Per quanto riguarda le terapie intensive, sono piene al 15% rispetto al 10% consentito nella fascia con minori restrizioni.
Ma il risvolto è più psicologico che concreto e reale, perché a causa dell’introduzione dell’obbligo di green pass rafforzato, non cambia molto sulle regole da seguire. Nei bar, nei ristoranti e nelle altre attività di ristorazione non ci sono più limiti riguardo al numero di persone che possono sedersi allo stesso tavolo, purché sia mantenuto il rispetto delle capienze e delle regole stabilite negli specifici protocolli di settore. Le mascherine all’aperto sono obbligatorie, così come lo sono anche in zona bianca da dicembre e almeno fino al 1 febbraio, mentre la stretta sui non vaccinati prevede che potranno solo andare a fare la spesa e al lavoro, ma, in quest’ultimo caso se hanno meno di 50 anni, età in cui scatta l’obbligo di immunizzarsi.
Ma a prescindere dalla fascia di colore, è ormai chiaro che sardi e cagliaritani si stanno imponendo una sorta di auto lockdown: strade semi deserte, ristoranti vuoti e negozi con manciate di clienti. Omicron vola e non lascia scampo neanche a chi ha tre dosi di vaccino, i contagi si moltiplicano e la paura è la grande mattatrice sociale di questa ennesima fase di pandemia.










