di Jacopo Norfo
La fotografia di oggi della Caritas è impietosa: sono 107mila le famiglie povere in Sardegna. Quelle che non hanno i soldi per acquistare il cibo, tanto per capirci. Quelle che non ce la fanno e molto spesso sono aiutate soltanto dai volontari. Sarebbe facile fare il parallelo con il referendum in programma domenica prossima, che forse semplificherà l’Italia ma non certo i suoi problemi. Quello che spaventa sono i soggetti più fragili, che hanno intorno ai 40 anni. Quelli che magari hanno perso il lavoro, oppure si sono separati, e non hanno più i soldi per gestire il futuro che è lì, a metà strada.
Don Marco Lai ha ribadito l’importanza di confrontare i dati numerici dei report sul tema povertà, (sintetizzati dalle dieci caritas diocesane nell’Isola), con il fattore lavoro e disagio, per creare un fronte comune e ridare dignità morale ai bisognosi. L’assessore regionale Mura ha invece sottolineato l’imminente avvio dei corsi professionali per i giovani, dei piani integrati territoriali per i quartieri a rischio, il rafforzamento delle attività di integrazione sociale e lavorativa dei centri dell’impiego (ex uffici di collocamento).
Timido segnale di ripresa economica in Sardegna, ma nel 2015 (stando alle fonti Istat), sono circa 107.400le famiglie sarde in condizione di povertà, (erano circa 107.800 nel 2014), i 40enni i soggetti più fragili, che ad esempio hanno perso prematuramente il lavoro, più esposte anche le donne che si fanno carico dei disagi più evidenti. All’incontro odierno, anche una delegazione dei giovani di Caritas e associazionismo, impegnati quotidianamente sul fronte di sostegno delle persone svantaggiate.













