Due presidenti del Senato, due ex ministri, un magistrato. E zero posto per Casini. Siamo alla fase “rosa di nomi nel romanzo” Quirinale che va in scena da ieri a reti e polemiche unificate. Il gran mattatore dei giochi resta a tutti gli effetti Matteo Salvini che fa, disfa, incontra e si scontra. Fallito il tentativo di riportare il Viminale in casa Lega, oggi – benedetto pure da Renzi che ha detto che è lui ad avere l’asso in mano – ha detto chiaro e tondo che Draghi fa bene il presidente del consiglio e quello deve restare a fare. Sempre che lo stesso Draghi, finito nel tritacarne politico e mediatico e tirato un po’ ovunque per la giacchetta, non si stanchi e mandi tutti a quel paese: non improbabile, visto che questa discussione sull’opportunità o meno che diventi capo dello Stato l’ha indubbiamente indebolito.
Il centrodestra, dunque, fa le sue proposte. Elisabetta Casellati e Letizia Moratti, Marcello Pera, Giulio Tremonti e Carlo Nordio. Nella lista non c’è Casini, che proprio questa mattina si era lanciato in un post propiziatorio su Instagram: “La passione politica è la mia vita”, e non c’è nenache Frattini su cui c’è il veto incrociato di Letta e Renzi.
Insomma, ancora una matassa tutta da sbrogliare. A questo punto, chissà quando: oggi, come ieri e come domani, il quorum a maggioranza qualificata resta a quota 672. Da giovedì si va a maggioranza assoluta, 505 voti.













