Ormai non è più tempo di salvare neanche le apparenze, figuriamoci il resto. A tre mesi dal voto, dopo i tentativi forse mai convinti e di sicuro non efficaci di tentare la ricomposizione del centrosinistra, è il momento dello scontro. “Al di là degli slogan, che sono molto facili da trovare, e al di là di un certo populismo, che vedo sta utilizzando con piacere, credo sia il caso di misurarsi su temi concreti che è il terreno che preferisco”, dice Alessandra Todde con una stoccata a Renato Soru, l’altro candidato del centrosinistra che dopo aver chiesto le primarie ha deciso di uscire dal Pd e candidarsi alla presidenza.
I fatti sono noti: nonostante le dichiarazioni ufficiali, la candidatura della Todde è stata decisa già prima dell’estate a Roma, con un accordo fra Pd e 5 Stelle che blindava la deputata ed escludeva in modo assoluto le primarie, nonostante i 5 stelle, di cui è esponente, sulle primarie hanno basato l’intero percorso politico. Soru, seccato dalle interferenze nazionali e ancor più dal veto sulle primarie, ha detto che o si facevano le primarie o lui si sarebbe candidato. E così è stato, perché Pd e 5 stelle hanno sempre detto di essere disponibili al confronto sui programmi ma non sul nome del candidato alla presidenza. Della coalizione Todde oltre a 5 stelle e Pd (ma non tutto perché il partito si è spaccato) fanno parte una decina di liste. Di quella di Soru otto, con l’ultimo ingresso di Rifondazione.
Dopo un iniziale tentativo di ricomporre la situazione, è sceso il gelo totale e iniziata la fase del conflitto senza esclusione di colpi.









