di Paolo Rapeanu
La passione per la la pittura arriva un anno e mezzo fa. Meglio, non proprio passione, o almeno non solo quella: “Non vedo i colori, forse è proprio per questa astinenza che li utilizzo, con l’aiuto di una maestra, mettendoli con le mani sulla tela”. Andrea Ferrero, 47enne cagliaritano – una sudatissima laurea in Economia e commercio e un posto nel settore della comunicazione del Crs 4 a Pula – perde definitivamente la vista nel 1998: “Una malattia genetica”, spiega. E la vita che cambia: un nuovo lavoro nel Centro ricerche, dove si occupa di comunicazione, tante attività di tipo sociale e la passione per l’arte, sbocciata perché ho sentito la necessità di dare sfogo alla mia creatività. È strano che un non vedente utilizzi un ‘linguaggio visivo’ come un quadro, ma visto che sono un ex vedente posso immaginare e, con l’aiuto di una maestra, posso scegliere i colori e metterli su tela”. E i risultati sono davvero sorprendenti.
Quando all’improvviso si perde un senso fondamentale come la vista, c’è come una biforcazione che si presenta davanti alla vita di ogni persona: soffrire o reagire. É proprio quest’ultima l’opzione scelta da Andrea Ferrero: “Al lavoro tutti mi aiutano e sono sempre pronti a darmi una mano”. E, tornando al mondo delle tele e dei quadri, l’analisi del 47enne è netta e chiara: “La pittura è terapeutica, un esercizio per tenere a mente forme e colori. Non vedo, ovviamente, la composizione finita, ma dai giudizi delle altre persone sembra proprio che siano belli”, afferma, abbozzando un lungo sorriso. E, quando si parla di disabilità, non può assolutamente mancare una domanda sullo stato di “accoglienza” di una città verso chi non è normodotato: “Cagliari non è a misura di disabile, basta vedere i marciapiedi o i parcheggi dedicati ma spesso occupati. Servono spalle larghe per essere un disabile, nonostante ci sia la definizione di soggetto fragile”, sostiene, battagliero, Ferrero, “manca ancora una vera cultura sulla disabilità”.











