Quelle corsie e quelle sedie li conosce sin troppo bene visto che, ciclicamente, li frequenta da 15 anni. Pina P., settantaquattenne cagliaritana, è malata di tumore al seno dal 2005: il quinto piano dell’Oncologico di Cagliari diventa la sua unica meta disponibile per fare la chemioterapia: “A volte devo attendere anche tre o quattro ore da quando faccio la prenotazione o le analisi. Certo, queste attese sono molto pesanti”, osserva la donna. Che, per ingannare l’orologio, ha un metodo: “Leggo molti libri”. Un modo come un altro per cercare anche di distrarsi prima di sottoporsi alla terapia che, da tre lustri, le consente di non aggravare la sua già precaria condizione di salute. Nulla da dire sui medici, anzi: “Sono tutti bravi e competenti”. Come tanti altri malati di cancro, anche Pina ha studiato una tecnica per non correre il rischio di passare ore e ore buttata sopra una sedia del reparto: “Arrivo molto presto, così sono tra le prime a fare il prelievo. C’è chi resta qui sette o otto ore, e quando ci sono lamentele i dottori danno ragione ai pazienti, alla fine è un disagio anche per loro”.
“Il servizio va organizzato meglio, ci sono tanti ragazzi e ragazze infermieri che corrono avanti e indietro, si danno molto da fare”. Insomma, gira che ti rigira il problema è solo uno: le attese troppo lunghe. “Anche tre ore di attesa diventano pesanti”.









