“Amici di Cuglieri, non toccate i resti dell’olivastro”. Così scrive Valido Capodarca uno dei maggiori esperti italiani di alberi monumentali. Dopo i botanici Camarda e Bacchetta anche lui nutre speranze sul futuro dell’olivastro di Sa Tanca Manna e cita l’esempio di un gigantesco olivo semidistrutto dopo un incendio, ma salvato e ancora vivo e ricresciuto dopo 20 anni.
“Vorrei prima di tutto esprimere agli amici di Cuglieri, anche a nome di tutti gli appassionati e cercatori di grandi alberi, tutto il nostro cordoglio e la nostra vicinanza affettiva per la tragedia che li ha colpiti, della quale stanno ancora parlando tutti i media”, scrive Capodarca.
“Insieme al dolore, formuliamo anche gli auspici più fervidi per una immediata resurrezione e un recupero di ciò che è andato perduto.
Migliaia di ulivi sono andati distrutti negli incendi, ma la vittima più illustre è certamente Lui, il celebre Olivastro di Cuglieri, accreditato di oltre duemila anni e dotato di fusto di oltre dieci metri di circonferenza: Poco è rimasto dell’albero dopo l’incendio. Ma mi permetto di suggerire e consigliare agli amici di Cuglieri di non toccare e lasciare intatti i resti del glorioso albero, affinché si possa realizzare con l’olivastro ciò che avvenne, una ventina di anni fa, con un ulivo non meno famoso, l’Olivone di Semproniano (in provincia di Grosseto). Più che per le dimensioni del tronco, l’Olivone era famoso per la sua altezza: si favoleggiava di 22 metri ma, molto più realisticamente si sarebbe dovuto parlare di 18 (in pratica, un palazzo di 6 piani).
Nella notte tra il 10 e l’11 maggio 1998 una mano guidata da un cervello bacato versò alcune taniche di benzina sul grande albero e appiccò il fuoco. Fra le possibili motivazioni, si parlò della possibilità che l’autore si fosse scocciato del continuo andirivieni di turisti che arrivavano a vedere quella meraviglia. Sembrava tutto perduto, invece nella primavera successiva, dall’apparato radicale, che ovviamente non era rimasto danneggiato dall’incendio, rinacque una selva di polloni.
Il proprietario selezionò alcuni fra i più robusti di quei polloni e li lasciò crescere. A distanza di 20 anni l’albero è cresciuto e insieme ai polloni che hanno già raggiunto le dimensioni di grandi ulivi, resistono le parti bruciate dal criminale, a dimostrare che spesso la natura è più forte dell’idiozia umana, che pur è infinita. Sentiremo parlare ancora a lungo dell’Olivastro di Cuglieri”.












